di Laura Margherita Volante
Elisabetta Sgarbi |
Conversazione con Elisabetta
Sgarbi.
Nata a Ferrara, Elisabetta Sgarbi figlia di
Giuseppe Sgarbi e Caterina Cavallini, segue ben presto la sua passione per
l’arte e la cultura. Collabora con alcune riviste, prima di fondare la rassegna
culturale La Milanesiana, di cui è ancora oggi direttrice artistica. Inoltre
per anni ha curato la direzione editoriale della Bompiani e, in seguito, ha
fondato la Casa Editrice La nave di Teseo con Umberto Eco e altri
intellettuali. Da anni si dedica, altresì, alla produzione cinematografica,
prevalentemente alla realizzazione di documentari. Come regista ha partecipato
a numerosi festival internazionali, lavorando al fianco di grandi attori e
ottenendo premi e riconoscimenti prestigiosi.
Elisabetta con Eco |
Laura Margherita Volante. Essendo di Alessandria, la tentazione è forte nel ricordare due colossi della cultura piemontese, Umberto Eco, dal cui incontro inizia la sua brillante carriera nell’editoria, e Cesare Pavese ricevendo il premio prestigioso a lui intitolato. Quali i ricordi, le emozioni, le soddisfazioni?
Elisabetta
Sgarbi. Eco l’ho conosciuto, ho lavorato con lui sin dai miei primi
passi nell’editoria. Nel senso che quando sono entrata nella Bompiani, Eco era
già Eco, e io lavoravo all’ufficio stampa sui suoi libri. È stata una scuola di
lavoro unica, una scuola che è durata fino alla Fondazione della Nave di Teseo,
con lui e con il mio vero maestro, che è Mario Andreose, editor storico di
Umberto Eco e persona che mi ha scelto per la Bompiani. Cesare Pavese per me è
un’altra cosa, uno scrittore, intellettuale, editore e traduttore straordinario;
un autore che ha molto influito nella mia formazione.
L. M. V. Con i grandi nascono grandi
iniziative, infatti, nel 2015 lei lascia la casa editrice Bompiani per fondare,
per un’esigenza di indipendenza, La Nave di Teseo, che in un secondo tempo,
2017, ha acquisito la Baldini & Castoldi e Oblomov Edizioni, di cui è
Direttore Generale.
E. S. La Nave
di Teseo guarda al futuro dando futuro al
passato, la cui identità la esprime attraverso gli autori selezionati per
la pubblicazione dei loro libri.
L. M. V. Qual è
il criterio di scelta della Casa Editrice?
E. S.
Scegliere gli autori, prima dei libri. Mi spiego: si legge un libro, lo si
trova importante e lo si pubblica. Ma quel libro può o deve esprimere una voce
che vorrei trovare nei prossimi romanzi. Magari i prossimi romanzi saranno meno
riusciti, ma quella voce continuo a sentirla. Insomma un editore segue gli
autori nel corso delle sinusoidi del loro lavoro, negli alti e nei bassi perché
ama quella voce letteraria.
L. M. V. Betty
Wrong o Betty Sbagliata: è il nomignolo datole da suo
fratello Vittorio. Sbaglio o disordine? Disordine inteso come?
E. S.
Sbagliata nel senso che ho sempre cercato strade diverse, deviazioni dalla
strada principale, “giusta”. Ho sempre fatto così nella mia vita professionale:
ho iniziato a interessarmi del cinema, della musica, ho pensato la Milanesiana.
Ho preso strade non battute per arricchire i contenuti della via principale.
L. M. V. La sua intensa attività
mi fa pensare al punto matematico, attraverso cui passano infinite rette, come
punto di incrocio di tutte le arti e di tutti gli aspetti dello scibile umano.
La Milanesiana si propone come “laboratorio di eccellenza” che raccoglie
intorno a sé i maggiori talenti: premi Nobel della Scienza, della Letteratura, del Cinema. In un paese che come il nostro
(lo afferma anche Piero Angela), dove non si premia il merito, lei ricerca
nuovi talenti, non riconosciuti, e li valorizza indipendentemente dall’età?
E. S.
Il mio lavoro è scoprire e valorizzare la creatività e il talento. Che è
qualcosa di diverso dal merito. Il talento non è un merito.
L.
M. V. Nella scorsa edizione della Milanesiana, Claudio Magris ha
svolto una lectio magistralis dal titolo “Cosa posso sperare?”. Quale
sarà il tema della prossima edizione?
E. S. Il tema della prossima
Milanesiana lo stiamo ancora studiando con Claudio Magris. Quello della scorsa
edizione era la speranza. Magris aveva dato per titolo della Lectio questa
frase di Kant, accompagnata anche da due altre frasi molto importanti, che non
dovremmo dimenticare: cosa posso sapere? Cosa devo fare?
L. M. V. All’interno della Nave di Teseo è in uscita in
anteprima mondiale l’Autobiografia di Woody Allen. A questa pubblicazione si
aggiunge Il nome della rosa, di U. Eco a quattro anni della morte. Si
tratta di una edizione arricchita, come e perché?
E. S.
Sarà una edizione arricchita dei disegni e appunti che avevano accompagnato Eco
nel corso del suo lavoro sul romanzo. Eco disegnava gli spazi dove i suoi
personaggi dovevano muoversi, gli oggetti, gli abiti. Diceva che doveva
arredare la sua mente per costruire un romanzo storico che fosse verosimile.
Vederli è come entrare nella officina di Umberto Eco.
L. M. V. Dal ventre della Nave di Teseo nasce Pantagruel,
la prima rivista numero zero, dopo l’esperienza di Panta, fondata da lei con
Pier Vittorio Tondelli. Lo zero, un numero che non contiene nulla, ma che
ovunque lo metti cambia la situazione.
Il pane, come primo tema scelto mi fa pensare al “cum panem” latino.
Quale il prossimo?
E. S.
Pantagruel intende essere una rivista di letteratura, di racconti e
testimonianze su un tema che di volta in volta scelgo con il curatore. Il
numero zero è stato un successo, dedicato al pane, in collaborazione con la
Fondazione terre di pane di Matera. Una rivista come Pantagruel ha inteso
iniziare dall’elemento primo: il pane. Il prossimo numero, il numero uno, sarà
dedicato alla filosofia del cibo, a cura di Massimo Donà e mia.
L. M: V: Lei presiede la
Fondazione Elisabetta Sgarbi, attiva fra altri eventi, a promuovere incontri e
mostre, tra cui la “La Collezione Cavallini Sgarbi. Da Niccolò dell’Arca a
Gaetano Previati. Tesori d’arte per Ferrara” e l’annuale incontro dedicato a
Ludovico Ariosto, nel Palazzo dove il poeta scrisse la prima edizione dell’Orlando
Furioso (1516). Quali le motivazioni
e le prospettive?
E. S. La
mostra è stata un omaggio alla mia famiglia, a mio padre e mia madre che non ci
sono più, e a mio fratello Vittorio che ha costruito la meraviglia di questa
collezione. Insieme, nel 2008, abbiamo dato vita alla Fondazione. La mostra
testimoniava la vita della nostra famiglia fino al momento in cui sono stati
presenti i nostri genitori. E accadeva a Ferrara, nel suo luogo simbolo: il
Castello Estense. Una mostra di grande successo, oltre 40.000 paganti.
L. M. V. Lei pubblica da oltre 25
anni i libri di Paolo Coelho, come membro della Fondazione che porta il nome
dello scrittore. Un uomo, uno scrittore, un poeta, un filosofo, sono alcuni
sostantivi che caratterizzano tale personalità attraverso un’esistenza ciclica.
Cosa glielo fa apprezzare e perché?
E. S. A lui e
alla sua agente letteraria, Monica Antunes, una mia amica, ho legato la mia
vita professionale e non solo. Quando uno scrittore (e la sua agente) ti
accompagnano per tutta la tua vita professionale, diventano parte di te: hai
letto tutti i tuoi libri, hai condiviso grandi successi e momenti difficili.
Anche in questo momento, con Monica Antunes, ci sentiamo, siamo in continuo
contatto.
Paulo Coelho |
L. M. V. In questo periodo di quarantene per la pandemia coronavirus, Elisabetta, che a Ro tiene aperta la farmacia di famiglia, come pensa di riorganizzare le sue attività?
E. S. Io lavoro sempre, ogni ora. E
quando penso di non svolgere una attività lavorativa, alla fine, quello che sto
facendo ha una ricaduta sul lavoro. Io credo nel lavoro, fatto con passione,
anche cieco, privo di tornaconto immediato. Penso così di essere utile al
mondo. O meglio, così non mi sento inutile.