di
Gabriella Galzio
Grafica di Giuseppe Denti |
In
ritardo su Emilia e Veneto, finalmente anche in Lombardia il 7 maggio è stata
varata la circolare inoltrata ai medici di base che istituisce la tanto
sospirata procedura per mettere in sicurezza i cittadini a partire dalla medicina
territoriale (fonte: Corriere della Sera dell’8 maggio 2020). Non più il
cittadino alle prese con anonimi numeri verdi o di emergenza, praticamente abbandonato
a se stesso e alle sue ansie in caso di sospetta malattia, ma finalmente il cittadino
affidato al medico di base com’è giusto che sia, il quale segnala il sospetto
positivo al portale covid19, che a seguito della segnalazione viene preso in
carico dall’ATS (soggetta a programmazione regionale) la quale, a sua volta, entro
le 48 ore procura al cittadino il tampone e, a seguire, la tempestiva
comunicazione del risultato. Questa la circolare, questa la teoria. Peccato che
a distanza di due settimane, coincise con la riapertura e l’inizio e della fase
2, la pratica mostri un altro volto: su 3 sospetti covid segnalati dai medici
di base soltanto a 1 di essi viene procurato il tampone (fonte: Il fatto
quotidiano del 22 maggio 2020) E gli altri 2? Possono essere divorati
dall’ansia, attaccarsi al telefono, cercare un ambulatorio privato che gli
faccia a pagamento il tampone?… chissà… oltretutto continuando a circolare e,
se positivo, infettando la città… Il quotidiano peraltro non dice esattamente con
che tempi quell’unico tampone sia arrivato al cittadino, ma riporta che di
questo test dopo due settimane non si conosce ancora il risultato, cosa che, ai
fini di una diagnosi tempestiva, per un cittadino è ansiogeno a dir poco. Perché
di questo si tratta: prima si interviene sulla malattia sul nascere, più
probabilità di guarigione si hanno, evitando la degenerazione in ricovero
ospedaliero che è costato alla Lombardia ospedale-centrica tanti decessi o
danni devastanti a tanti sopravvissuti. Tanto per fornire un dato spurio ma
certo di confronto, a Reggio Emilia - era ben prima della riapertura - un mio
cugino è stato segnalato come sospetto covid dal suo medico di base e in 3
giorni ha potuto fare il tampone (con modalità drive in, restando cioè
nell’abitacolo della sua auto), e dopo 24 ore ha avuto il risultato. In
Lombardia, invece, tuttora la medicina territoriale appare sguarnita.
Sguarnito appare intanto il monitoraggio sul territorio, come la capacità di accertamento diagnostico e gestione dei contatti da parte della regione; dei parametri da monitorare e trasmettere al governo, infatti, la percentuale dei tamponi positivi ad esempio, non tiene conto, come abbiamo visto, delle segnalazioni dei sospetti da parte dei medici di base, che potrebbero triplicare i dati rilevati; oppure il tempo tra data inizio sintomi e data di diagnosi come fa ad essere rilevato, se non viene eseguito il tampone? o ancora, il numero e tipologia di figure professionali dedicate in ciascun servizio territoriale al contact-tracing, come fa ad essere rilevato, se per tracciare i contatti ci vogliono i tamponi? In buona sostanza chi controllerà il monitoraggio a colabrodo della regione?
Sguarnito appare intanto il monitoraggio sul territorio, come la capacità di accertamento diagnostico e gestione dei contatti da parte della regione; dei parametri da monitorare e trasmettere al governo, infatti, la percentuale dei tamponi positivi ad esempio, non tiene conto, come abbiamo visto, delle segnalazioni dei sospetti da parte dei medici di base, che potrebbero triplicare i dati rilevati; oppure il tempo tra data inizio sintomi e data di diagnosi come fa ad essere rilevato, se non viene eseguito il tampone? o ancora, il numero e tipologia di figure professionali dedicate in ciascun servizio territoriale al contact-tracing, come fa ad essere rilevato, se per tracciare i contatti ci vogliono i tamponi? In buona sostanza chi controllerà il monitoraggio a colabrodo della regione?
La medicina territoriale appare poi ancora più sguarnita e dimenticata nelle intenzioni di spesa da parte della regione. Come sarà coniugata, infatti, in Lombardia la quota spettante di quel finanziamento di 1,4 mld destinato dal governo alla medicina territoriale? In un’ennesima azienda ospedaliera? O nel potenziare le USCA (Unità speciali di assistenza continuativa) sul territorio, come già auspicato dal governo e da numerosi sindaci della provincia di Milano? Verranno davvero assunti quegli infermieri concepiti dal governo per affiancare i medici di base? Verranno garantiti dispositivi di protezione, tamponi (e reagenti) gratuiti al personale sanitario e ai cittadini su base territoriale, o questi verranno “invitati” a rivolgersi al privato (data la penuria del pubblico)? Non amo la critica destruens fine a se stessa, ma in senso construens la gestione sanitaria in Lombardia deve ripartire dagli investimenti sulla medicina territoriale proprio per tracciare, testare e trattare (le famose 3 T) tempestivamente a domicilio la sua cittadinanza. In tal senso si è espresso il personale sanitario lombardo, purtroppo senza vedere accolte le proprie proposte da parte della regione, che per ironia della sorte ha eretto il suo “modello di eccellenza” proprio sullo smantellamento della medicina territoriale oggi così strategica. Non meraviglia che tutto ciò venga taciuto o messo a tacere (vedi l’intervento in parlamento