di Ilaria, Vito, Adamo
FINALLY...WEEKEND
(un salto indietro all’autunno)
Anche questa settimana è giunta al termine, i suoi alti e bassi
non me la faranno scordare facilmente. (È morta la bisnonna di
Ilaria).
Appena varcata la porta della SHS, Iben e Jared
si affrettano nel venirmi incontro. Lei con gli occhi lucidi mi guarda e
prendendomi le mani sussurra: “Ti voglio
bene… sono sempre qui”. Ricambio con un sorriso grande, non le rispondo,
probabilmente mi uscirebbe una voce spezzata e mi ricorderebbe come sto dentro.
Jared aspetta il suo momento e mi abbraccia cercando di farmi sentire il
supporto che a parole fa fatica a esprimere; come lo capisco, sa che cosa sto
vivendo. Tutti i miei professori nei giorni precedenti mi avevano inviato mail
per sapere se sarei potuta tornare in Italia, almeno per un pochino. Alle mie risposte
negative mi hanno tutti offerto una mano, e una spalla su cui piangere o
qualcuno con cui parlare.
Queste persone mi stupiscono e mi fanno davvero sentire a casa.
Forse è proprio vero che "Home is not a place, it's a feeling”(casa non è un luogo, è un
sentimento). Lottando contro me stessa inizio la giornata. Continuo a
ripetermi che lei avrebbe voluto che io lottassi e voglio renderla orgogliosa
di me e ricordarla in quel che faccio.
Tutto si svolge a meraviglia; faccio una
presentazione e due test, la mia testa è così occupata che mi sento più
leggera. Le persone mi stanno facendo bene e ridere con loro mi dà una
sensazione stupenda. I miei amici mi propongono un sushi per la serata, non
vogliono che stia a casa. Si prendono davvero cura di me e, senza pensarci due
secondi, accetto. Sto per avvisare Mom quando mi anticipa con un
messaggio. Lo apro sperando che non sia nessun impegno. "Thinking of you” (penso a te). Le chiedo per la sera. “Non c’è problema, puoi andare”,
ringrazio e ci mettiamo d'accordo con le macchine. Ovviamente io sarei andata
con Brenda e lei stava già preparando la playlist con le mie canzoni preferite.
Appena arriviamo sotto il portico della struttura dedicata a scienze inizia a
diluviare. Il cielo è completamente nero, sembra che stia per arrivare uno di
quei diluvi che portano via tutto. Ultimamente questo clima si vede tutti i
giorni e io ho imparato che essere sotto a questo diluvio mentre cambi classe… non
è proprio carino.
Ovviamente dopo solo un'ora non ha smesso di
piovere, riattraverso tutto il campus di corsa e arrivo fradicia al mio locker.
Trovo Mauricio, mi guarda, prende un ombrello dal suo armadietto e mi
accompagna in macchina in palestra. Siccome è ancora presto mi propone un
coffee da Dutch Bros. Torniamo, fra una risata e l'altra, in palestra, pronti
per i nostri allenamenti. Mi sfogo e due ore mi sembrano volare. Sudata, torno
negli spogliatoi e mi cambio, prendo la cartella e con Brenda ci prepariamo
alla corsa sotto lo stormy (temporale).
La pioggia non sembra voler smettere. Il vento
si è alzato e ora scendono gocce misto a ghiaccio. Ci mancava la grandine.
Mettiamo l'aria calda a 80F (26 C gradi) e solo dopo pochi minuti iniziamo a
toglierci giubbotto e sciarpa. I guanti ci sono ancora indispensabili, le
nostre dita sono troppo fredde. Colleghiamo la playlist e ci assicuriamo che i
ragazzi siano pronti per andare. Dopo cinque minuti ci muoviamo verso
Salem.
Mi siedo a fianco al "nastro porta sushi"
e inizio a passare piatti ai ragazzi seduti al tavolo, saremo una 15ina. Ognuno
mi grida il colore del piatto che vuole, Brenda mi aiuta dall'altra parte del
tavolo. Iben a metà del tavolo chiama la cameriera e ordina la nostra barca
preferita. Brenda fa la mia stessa faccia e insieme ci massaggiamo la pancia
pronte per tutti quei nighiri e roll. Lei dice che non vuole nessun ragazzo, a
meno che non sia fatto tutto di sushi. Io acconsento con la testa e poi le dico
che per lei avrei qualcuno disposto a diventare un sushi. Ridiamo fino alle
lacrime.
Sono le 9pm, ci aspettano i compiti a casa. Ci
salutiamo. Risalgo in macchina con Brenda e riprendiamo la nostra playlist.
Torniamo a casa e mom la ringrazia. Le do un bacio e chiudo la porta.
Buona Notte anche a voi… alla prossima settimana.
Ilaria
Countdown: -4 to
go
Disegno di Adamo Calabrese |
È comparso il geco.
L’animaletto scorreva in diagonale, silenzioso, sulla parete della casa di Puin,
in Liguria. Ho fatto segno a Ilaria, mentre faceva colazione. Si è ritratta. Non le piacciono i gechi.
Ancora
una giornata calda, il cielo è senza nuvole.
Ilaria
sta lottando con le sue emozioni.
Parliamo
di aeroporti e, cercando sul sito della Delta Air Lines, troviamo i terminals dei
suoi voli. Arrivo previsto a New York (JFK) al terminal 4 e partenza per
Portland dal terminal 2.
La
mattina si consuma velocemente tra le faccende di casa e della cucina mentre i
fratelli completano il trasloco delle loro cose. La prossima settimana
dormiranno nella casa coi nonni. Francesca si è fiondata, senza incertezze, sul
soppalco, occupando il letto lasciato libero da Ilaria, come se potesse
assorbirne l’aura.
Fra
poco Ilaria tornerà a Milano con i suoi e da lì partirà per andare in Oregon,
destinazione famiglia Alley, in quel di Sublimity.
È
già mezzogiorno quando Ilaria insieme ai genitori si affaccia alla porta e ci
chiama per salutarci. Francesca le salta addosso, avviluppandola in un
abbraccio impetuoso. Alberto abbozza, la guarda dritto negli occhi, sorride e
poi si lascia andare a un abbraccio da grande. Stiamo tirando l’addio, giocando
e scherzando, per evitare lo scoppio incontrollato della tenerezza ma, alla
fine, qualche lacrima compare qua e là negli occhi. La nonna si commuove nel
suo abbraccio amorevole e Ilaria tentenna. Il distacco per un viaggio, che
durerà il tempo di un anno scolastico, è un fatto potente e tutti ci lasciamo
un po’ il cuore.
L’America
è ormai nel mirino.
La
nuova avventura si avvicina e, a pochi giorni dal take off, Ilaria cerca in mamma Laura e papà Andrea quell’ultima
risorsa d’amore, che le confermi la forza per correre incontro al suo destino.
Ora
il cielo si apre davanti a lei con le ali bianche dell’Airbus 300, che l’aspetta
all’aeroporto di Malpensa.
Vito