Materiali di estetica è da oltre quindici anni una delle più note e
apprezzate riviste di estetica in Italia. Nata nel 1999, ha ospitato fin
dall’inizio i saggi di alcuni tra i maggiori esponenti della disciplina,
affermandosi come autorevole periodico scientifico nel variegato panorama degli
studi estetologici nazionali e internazionali. L’originaria ispirazione
fenomenologica, riconducibile agli studiosi della «Scuola di Milano», ha
offerto notevoli impulsi al dibattito filosofico contemporaneo, dando vita a un
proficuo dialogo tra posizioni anche molto diverse tra loro.
Il termine “Materiali” è
derivato dalla rivista (attiva fino a qualche anno fa) “Materiali filosofici”,
diretta da Fulvio Papi, che della tradizione banfiana resta a tutt’oggi l’erede
diretto più qualificato; e che ha coniato l’appellativo di “Scuola di Milano”.
Richiamandoci a uno dei
principali rappresentati della Scuola di Milano, alla domanda: “Cosa ha diritto
di chiamarsi ‘estetica’?”, risponderemmo con un passo di Giulio Preti (uno tra
i maggiori allievi di Banfi), che giustamente Ermanno Migliorini (suo diretto
allievo) giudica valido anche per l’estetica e per la filosofia dell’arte (nel
loro ambito specifico). La filosofia, “Preti amava ripetere, secondo una
definizione che aveva fatta sua, è un livello di metariflessione il cui oggetto
si sposta continuamente”.
Materiali di estetica, però,
non è mai stata semplicemente una sede qualificata per accogliere i saggi di
eminenti studiosi che hanno già raggiunto un alto e riconoscibile profilo
scientifico, ma ha saputo anche aprirsi ai giovani ricercatori alle prese con
le prime pubblicazioni, garantendo loro la possibilità di dare diffusione ai
risultati del proprio lavoro. Fondamentale, infine, l’impegno a rendere
familiare al lettore italiano, grazie a un paziente lavoro di traduzione,
scritti meno noti di autori del calibro di Roman Ingarden, Henri Bergson,
Gaston Bachelard, Ludwig Klages e Louis Marin, solo per citarne alcuni.
Il sito internet della rivista è il seguente: http://riviste.unimi.it/index.php/MdE/index
Se si inserisce "Materiali di Estetica"
nel motore di ricerca Google, il sito compare tra i primi risultati della
ricerca.
Le parole di Dio
Perché dedicare oggi un
numero di “Materiali di Estetica” a Le
parole di Dio? Al numero sono presenti credenti e non, sensibilità
religiose e non - tutti partecipano però di un’atmosfera che li unisce. C’è
infatti un piano, vasto e variegato, su cui Dio indubitabilmente esiste, a pieno titolo e per tutti, ed è
il piano della cultura in senso lato: un piano in cui troviamo riti, preghiere,
mitologie, opere architettoniche, musicali, pittoriche e letterarie,
un’interminabile biblioteca di scritti; tutto quanto costituisce insomma
l’ambito concreto della religiosità. Di quest’ambito fanno ovviamente parte le
riflessioni filosofiche, le meditazioni teologiche, trattati e ricerche di
varia natura, da psicologiche a sociologiche a antropologiche a etiche, a
storiche. Buona parte di questo ambito è costituito dal mondo a vario titolo
“estetico”, insostituibile, in cui rientrano le parole poetiche cui ci si è
affidati per parlare di Dio. Ci si può chiedere come mai assuma tanto rilievo
nella nostra storia il problema religioso, molti se lo chiedono e le risposte
sono varie. Resta che quella religiosa è una dimensione fondamentale
dell’esistenza, quanto meno come domanda, come sospetto, come presentimento,
come bestemmia o come rifiuto magari, anche risentito. Ricorriamo a Enzo Paci:
“la religione non è qualcosa che l’uomo può avere o non avere, è il fondamento
stesso della sua vita” - in qualsiasi modo le si possa dar seguito nella vita. Non
è al centro della nostra attenzione il problema dell’esistenza trascendente di
Dio. Abbiamo piuttosto messo in copertina l’affermazione di Dostoevskij per cui
“gli atei parlano di tutt’altro quando parlano di Dio”. Il senso di Dio va
oltre quello (spesso rattrappito) che le religioni ufficiali, certa riflessione
teologica, o la mentalità comune dicono, e contiene germi che vanno ben oltre
quel “tutt’altro”. Vogliamo qui dare una testimonianza, sia pur parziale,
enormemente ristretta, delle tracce di Dio malgrado tutto tuttora vive nel
pensiero umano.