LE RADICI
GRECO-ROMANE DELL’EUROPA
Lo scorso 29 marzo si è
tenuto al Palazzo delle Stelline di Corso Magenta, nella sede milanese del
Parlamento Europeo, un interessante incontro sulle radici greco-romane dell’Europa
attraverso il pensiero degli studiosi europei, partendo dal saggio che Stella
Priovolou, filologa e docente all’Università di Atene ha dedicato a questo
tema. Organizzato dalla Comunità Ellenica di Milano, dal Centro Ellenico di
Cultura, con il patrocinio dell’Ambasciata di Grecia a Roma e la presenza del
Console Generale della Grecia di Milano Nikolaos Sakkaris, hanno portato i
saluti Sofia Zafiropoulou (Presidente della Comunità Ellenica di Milano), Bruno
Marasà (Direttore dell’Ufficio del Parlamento Europeo di Milano), il Console di
Milano Sakkaris ed ha coordinato Antonio Amato del Centro Ellenico di Cultura.
Sono intervenuti la
politologa Cinzia Dato, il sociologo Manfredo Romano Arrigo, il parlamentare
Bruno Tabacci, il presidente della Società Filellenica Lombarda prof. Massimo
Cazzulo, la giornalista Giovanna Gabrielli autrice del testo che qui
riportiamo, e lo scrittore Angelo Gaccione.
La copertina del libro |
Mi fa molto piacere oggi, in questa prestigiosa
sede milanese che non solo idealmente, ma anche plasticamente ci avvicina
all’Europa e quindi all’idea ispiratrice del prezioso libro di Stella
Priovolou, essere qui a riprendere un discorso già avviato a Roma in una
recente e fortunata presentazione. Da vera innamorata della Grecia, desidero
subito dire ancora un grazie a Stella per questo suo lavoro impegnativo e
raffinato che non solo contribuisce a colmare parecchie lacune storiche sul
tema sempre molto dibattuto delle radici dell’Europa, ma che invoglia a
documentarci, a ripensare e a ristudiare le origini del nostro essere stati ed
essere Europei. In questo senso il “manuale colto” - come mi piace definire
queste 80 pagine dense di citazioni e di importanti riferimenti critici - oltre
ad essere di grande attualità in un momento storico in cui l’Europa è
attraversata da instabilità, inquietudini e smarrimenti, si rivela quasi come
una imponente attrezzatura culturale per
chi abbia curiosità e desiderio di addentrarsi nel passato profondo della
civiltà europea.
Stella Priovolou |
Per certi versi quasi una sfida ragionata all’euroscetticismo
imperante e a un certo conformismo intellettuale che quasi sempre si limita
allo scontro politico-ideologico sul destino dell’Europa. Con un’idea
originale, inedita alla base. Che è poi anche il valore aggiunto di questo
volume. L’idea di raccontare il tema delle origini greco-romane dell’Europa in
forma di viaggio. Un viaggio nel tempo, nella storia, nella cultura e nella
grande letteratura greco-romana mediato e filtrato dalle analisi e dalle
riflessioni di studiosi e intellettuali di formazione, indirizzo e provenienza
geografica diverse. Tutti, comunque, ugualmente appassionati d’Europa e tutti
impegnati a spingerci verso un coinvolgimento consapevole. Un viaggio condotto
attraverso l’io narrante dell’autrice
che nel suo stile garbatamente didascalico non si sottrae certo al confronto
dialettico con le posizioni dei vari studiosi, ma al contrario cuce e collega
giudizi e teorie in un continuum contrassegnato
dalla sua visione critica. E comunque prima di infilarci nelle pagine del libro
devo confessare un mio vezzo che spesso mi porta a leggere i libri curiosando
nel finale. Così ho fatto anche questa volta e spigolando nelle conclusioni ho
trovato il filo conduttore che mi ha poi accompagnato con semplicità nella
lettura.
Scrive l’autrice nel suo exodus “(...) concludendo azzarderò una constatazione:
negli anni del multiculturalismo e della globalizzazione, i popoli eredi della
cultura greco-romana sono proprio quelli che hanno la possibilità di dare il
loro contributo, con la loro cultura e le loro conoscenze, alla grande famiglia
europea. La conoscenza del Medioevo latino, del Medioevo della luce e non del
buio, della letteratura di questo periodo, interessante soprattutto come evento
culturale, possono indubbiamente aiutare l’Europa a ritrovare la strada e
insegnarle come evitare il rischio di ritornare ad un buio e squallido
Medioevo.”
Dunque, conclusioni forti in cui oltre all’auspicio di una
nuova presa di coscienza dei popoli - diciamo così - direttamente eredi, viene
quasi evocata una responsabilità di noi Europei tutti a non tradire le grandi
conquiste del passato ma a potenziarle e a modellarle con gli strumenti culturali
di oggi, allineandole ai parametri della modernità.
E dunque allora è così. Il nucleo dell’Europa lo ritroviamo
proprio in “(…) quella civiltà complessa
e gloriosa che i Greci e sulla loro scia i Romani fecero fiorire per oltre un
millennio, così come (senza quella greco-romana) la nostra civiltà sarebbe
molto più frammentaria e povera. Meno meditativa.” Parole queste ultime di Gilbert Highet,
accademico, classicista scozzese naturalizzato americano, grande ispiratore
dell’autrice - come lei stessa indica nella prefazione - e più volte citato
quasi come linea-guida. In effetti le riflessioni di Highet ricorrono in molti
capitoli del testo, scandiscono il lungo excursus storico. Dal mondo antico, al
Medioevo latino, alla modernità.
Ci illuminano sul ruolo della letteratura greca e romana
nell’evoluzione del pensiero e della civiltà occidentale e anche su come la
futura letteratura europea sia segnata dal riflesso dell’incontro tra Grecia e
Roma. Senza dimenticare l’influenza universale - nella cultura e nella
semantica europea - della lingua latina e di quella greca così interconnesse
nei secoli e pur così diverse nelle loro differenti sopravvivenze.
Bruno Tabacci |
Ci illuminano introducendoci, a fianco dell’autrice e di altri
compagni di viaggio, in quell’affascinante “relazione particolare” (sappiamo
anche quanto contraddittoria e conflittuale) tra due grandi mondi, due popoli,
due culture, due civiltà. Quella di Atene e Roma. Destinate a influenzarsi e a
contaminarsi attraverso innesti linguistici, artistici. E naturalmente
politici. Direi che c’è materia per riflettere e - come si dice - per ripassare
i fondamentali. Del resto il saggio di Stella non manca certo di aiutarci. E di
emozionarci.
Anche perché, al di là di Highet, sono molte e tutte
stimolanti le voci che in un graduale comporsi del quadro globale ci
accompagnano verso una visione d’insieme.
Certamente è impossibile qui e ora tentare sintesi
approssimative di tutto l’enorme arsenale critico distribuito nel testo e assegnato,
con grande rigore filologico, ai tanti studiosi presenti nel libro. Ma, senza
far torto a nessuno, vorrei solo ritagliarmi due autori che con le loro
riflessioni mi hanno reso chiaro e emozionante il senso di alcuni
capitoli-chiave.
Partendo, per esempio, dalla grande grecista francese
Jacqueline De Romilly, membro dell’Académie Française, che a proposito del V
secolo ateniese - il grande V secolo ateniese al quale l’autrice dedica
giustamente molto spazio, osserva “(…) il
rapporto tra Grecia e Roma è unico e affascinante, così come lo è il continuo
processo dell’educazione… Nel V secolo Atene scoprì la democrazia e il pensiero
politico. Creò la tragedia e in meno di cento anni vide succedersi, uno dopo
l’altro, i soli tre autori che gli scrittori successivi conobbero: Eschilo,
Sofocle e Euripide. Dette forma alla commedia di Aristofane… Vide costruire
l’Acropoli e realizzare le statue di Fidia… Allora si sviluppò una medicina
nuova che si basava sulle osservazioni scientifiche di un certo Ippocrate… la
Grecia e Atene sono dominate da un’unica passione, quella di comprendere l’essere
umano…”.
Nikolaos Sakkaris |
Per altro poi - a proposito di lingua greca e latina e di reciproci debiti culturali - è davvero
interessante il contributo di Theodoros Papanghelos, Accademico dell’Università
di Salonicco che così scrive “(…) la
lingua latina, che inizialmente rifletteva la relativamente semplice società
agricola degli antichi abitatori del Lazio, si arricchì con l’incontro
culturale tra Roma e Grecia ed entro
la fine del I sec. a.C. aveva acquisito una nuova dinamica, una
ricchezza lessicale nuova e nuove possibilità espressive, la precisione della
formulazione, la concisione pregna di significato, la disciplinata
organizzazione sintattica.”
Spunti di lettura per un libro che va affrontato senza fretta,
tutto sommato pensando che stiamo studiando noi stessi. Un ottimo lavoro di
questi tempi.
Per concludere vorrei aggiungere un’illuminante osservazione
dell’autrice che racchiude, direi, il senso e lo spirito del libro: “(…) L’Europa
come continente, come idea, come realtà, come identità riconoscibile è il
risultato della vita e delle opere che vengono realizzate nell’ambito europeo:
un contesto la cui identità è riconducibile alla razionalità del pensiero degli
antichi Greci, al genio giuridico dei Romani e alla spiritualità cristiana. Un
cammino di 2500 anni che, dopo gli sviluppi degli ultimi anni, ci dà la
possibilità di cogliere e riconoscere il concetto di Europei come universale.”
Antonio Amato |
E dunque ringraziando ancora Stella Priovolou per questo
lavoro che io credo vada visto anche come un vero atto sentimentale verso
l’Europa, vorrei ricordare il grande storico francese Paul Veyne che nel suo
monumentale volume L’impero greco-romano
ci offre lapidariamente una sua chiosa: “(…) se
la cultura era ellenica, le forme di potere - come il diritto - furono romane”.
Così come “le lontane fondamenta non smettono di cambiare finché
l’edificio dei secoli è in costruzione…”.
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