di Ilaria, Vito, Adamo
SPRING BREAK
(vacanze di primavera)
Ilaria |
Il sole splende
alto nel cielo, metto le ultime cose nella valigia e senza far fatica chiudo la
cerniera. Joe bussa alla porta chiedendomi se sono pronta e se può aiutarmi con
qualche valigia, mi fa il gesto alla "braccio di ferro"; lo fulmino
con lo sguardo e, sorridendomi, si fa spazio entrando in camera e prendendo la
valigia in mano. "This room is a real mess lady! do you want me to call
the housekeeper?"(questa stanza è un
vero casino, signora! Vuole che chiami la donna delle pulizie?)
Appena esce
dalla stanza mi guardo indietro; effettivamente ci sono troppi vestiti sparsi
ovunque. Li raccolgo tutti a manciate e li lancio nel cesto dei vestiti da
lavare. Chiudo tutto nell'armadio, e per qualche secondo mi convinco di aver
sistemato tutto. Mi siedo sul letto ancora sfatto, appoggio la testa sul
cuscino e cerco di realizzare che sto andando in California. Riesco a sentire
il cuore in gola e l'adrenalina salire piano piano. San Francisco mi aspetta e
non riesco più a stare nella pelle.
La macchina è
caricata e siamo pronti. Salutiamo Joe, gli auguriamo buon viaggio, lui andrà
con i suoi compagni di baseball, sul pulmino. Ci avviamo verso le prime sette
ore di macchina necessarie per raggiungere la prima tappa, dove incontreremo i
genitori degli altri ragazzi. Questa vacanza sarà all'insegna del baseball, non
vedo l'ora di vedere Joe giocare. Ho sentito molti pareri su di lui, molti
dicono che è davvero un bravo giocatore e che meriterebbe di giocare in un
college team. Glielo auguro, visto che il suo sogno è la Major League…ma ecco,
per quella ci vuole ancora un po'.
Torno a dormire
per un paio d'ore ancora. Riapro lentamente gli occhi, siamo alla dogana, leggo
l'insegna al di là dell'istallazione metallica, "Welcome to
California". Il cuore mi sobbalza dentro il petto, sono proprio
emozionata. Ogni granello della mia stanchezza è svanito. Non manca molto, un
paio d'ore e arriveremo a destinazione.
Vediamo
l'insegna luminosa del nostro Hotel; un sospiro di sollievo e poi un sorriso
appena riconosciamo le facce familiari degli altri genitori. Mi presento a
quelli che non avevo mai visto e vengo sommersa di domande. Sono tutti pronti
ad ascoltare le mie avventure qua e le mie esperienze fatte con la mia seconda
famiglia. Ogni volta che imparano qualcosa di nuovo o notano una differenza tra
le nostre culture differenti, rimangono entusiasti e vogliono conoscere sempre
qualcosa di più. I miei host parents raccontano a tutti che a breve ospiteremo
a casa nostra la mia famiglia italiana e i miei nonni. Sono contenta, non vedo
l'ora. Sto provando mille emozioni e non sono sicura di poterle controllare, ma
tutto ciò mi fa stare tanto bene.
Anche i ragazzi
arrivano con il loro pulmino, il coach saluta tutti e ci dà le informazioni per
la giornata seguente e il programma delle partite. Andiamo finalmente nella
camera a noi assegnata. Io e Joe condivideremo il letto, mentre mom e dad
condivideranno l'altro. La porta della camera si apre e Joe salta sul letto,
sceglie la sua parte e poi lancia tutti i cuscini dalla mia parte. Gli tiro un
cuscino in faccia e cerco di farlo scendere dal letto. Lo minaccio di farlo
dormire sul pavimento se osa rompere le palle anche nel sonno. Mom ride e mi
supporta. Usciamo a mangiare e poi stanchi per la giornata ci ritiriamo in
camera.
La sveglia
suona e la mattina inizia. Joe si prepara con la sua divisa da baseball, mentre
io e mom ci vestiamo per andare a fare un po’ di sport in palestra. Dopo
qualche ora siamo pronti per andare al game. Arriviamo al "Dream League
Fields"(lo stadio di baseball),
è enorme e bellissimo. Riconosco il nostro team dalle loro divise verde
pisello. Ci sediamo sugli spalti al calore del sole californiano e mi godo la
partita di baseball. Dad mi spiega le regole, mentre il game si svolge. Avrò
tempo una settimana per impararle, prima di andare a vedere la nostra squadra
della Major League in Seattle, tra due settimane.
Alla fine della
settimana abbiamo vinto tutti i game tranne due, ci siamo guadagnati il terzo
posto, ed io ho imparato tutte le regole di questo sport magnifico. Sono
proprio fiera di questo team e del lavoro che Joe sta facendo, non solo come
giocatore ma anche come capitano. Lasciamo gli ultimi due giorni per visitare
la città di San Francisco. È stupenda, non riesco a chiudere la bocca dalla
bellezza di tutto ciò che mi circonda. Ci sono palazzi e grattacieli tutto
intorno a me, incredibile cosa l'uomo è in grado di fare. L'oceano e i parchi
in fiore spaziano tra una collina e l'altra. Ci sono mille profumi e rumori, le
cable car (funicolare) vanno a tutta
velocità su e giù dalle colline, lasciando un rumore metallico dietro di loro.
Bambini che ridono e piangono davanti alla bellezza dei leoni marini sdraiati
sotto il sole, sembra un mondo a parte, separato da tutto il resto.
Con un po' di
tristezza nel cuore mi guardo indietro e saluto quel ponte rosso alla fine del
secondo giorno in San Francisco. "See you soon SF"(a presto), la saluto così questa
magnifica città e poi tra le luci della notte ci avviamo verso casa.
Le avventure
per questa spring break però, non sono ancora finire. Dopo solo due giorni a
casa, io e la mia family, siamo ripartiti, ma questa volta la destinazione è
Seattle. Un'altra magnifica città, con un sacco di colori e cose stupende. Il
divertimento e i sorrisi non sono mancati per nulla. La gioia era dipinta sui
nostri volti, non avrei mai pensato di avere tutte queste opportunità... non
potrei essere più grata alle mie due famiglie.
Buona settimana
e non scordatevi di sorridere!
Ilaria
***
Cara Ilaria,
Disegno di Adamo Calabrese |
come fiori selvatici il tuo viaggio di primavera! Mi ha
ricordato un mio itinerario di tanti anni fa quando credevo veramente che il
mondo fosse piatto e camminando fino al suo orlo si rischiava di cadere
nell’infinto. Allora, d’estate, abitavo sulle colline della Liguria, davanti a
me, in basso, c’era il mare, luminoso e azzurro. Alle mie spalle salivano i
boschi di ulivi. Una mattina mi ero incamminato su per la collina percorsa dal
vento. Gli alberi agitavano il loro fogliame e la terra esalava il suo
primordiale sentore. Giunto sul terrazzo, dove si erge la chiesa dei Cappuccini,
vidi un fotografo chino sulla macchina fotografica installata sul cavalletto:
L’uomo, con ispida barba grigia, puntava l’obbiettivo sul mare. Mi ero fermato
per non disturbare il fotografo, ma fu lui a chiamarmi con un cenno della mano.
Accolsi il suo invito. Poi fui come dimenticato da quell’uomo intento a puntare
l’obiettivo ma raramente a scattare foto. Improvvisamente accanto a noi era
trascorsa una nube di api in cerca di alveare. Il loro aspro ronzio mi parve un
segno arcaico, come se dalle mura di Troia assediata le donne troiane urlassero
contro gli achei. Il fotografo mi invitò con la mano a guardare nell’obbiettivo
della macchina fotografica. Vi posi l’occhio. Sconcertato vidi il mare percorso
da una lentissima chiatta. A bordo un indecifrabile ammasso di legname che ad
un mio sguardo più intento distinsi come un mastodontico cavallo di legno. Mi
rizzai per interrogare il fotografo, ma lui era scomparso lasciandomi attonito.
Tornai a guardare nella macchina fotografica: la chiatta era approdata e
l’equipaggio in un groviglio di funi e carrucole scaricava l’enorme cavallo di
legno. Qualcosa era finito nella mia vita. Non saprei dire cosa. Forse il suono
della pioggia contro la finestra svegliandomi a notte alta. Forse gli dei che
mi tiravano per la giacca suggerendomi il mio daffare per l’avvenire: fai così,
fai cosà, fai, fai… ed io andavo a rileggermi l’Eneide, quando Enea lascia Troia
saccheggiata dagli achei e si mette in viaggio… per dove, per dove? Per la
stazione Termini di Roma, in un brulicare di profughi, scuri di pelle come i
nostri primi antenati.
Adamo
Poesia di mare - Eugenio Montale
DIARIO
POSTUMO
L’estate è scossa da forti temporali.
Le nubi si incorrono lungo la riviera.
I giorni sono in fuga sempre uguali.
Ma all’improvviso lo spettacolo muta.
Lontano, grigio e livido, il fumo
di una petroliera appare e si dissolve
lieve in un arcobaleno.