di Chiara Pasetti
La Cattedrale di Rouen |
Questo è un mio scritto di
quattro anni fa, in cui raccontavo una splendida mostra svoltasi a Rouen sulle
Cattedrali francesi. Riletto ora dopo l’incendio alla Cattedrale di Notre-Dame
mi evoca ricordi indelebili di un tesoro che, in parte, non ci sarà più. [C. P.]
La città di Rouen è una
meta ideale per chi vuole scoprire alcuni itinerari insoliti ricchi di storia,
arte e cultura. Qui ogni strada del centro storico parla dei personaggi celebri
che l’hanno abitata o vi hanno lasciato le tracce: Flaubert e Maupassant,
certamente, ma anche Corneille, Sartre e Simone de Beauvoir, Monet, e prima di
loro Giovanna D’Arco, arsa viva nella piazza principale il 30 maggio 1431. Dopo
aver ammirato la splendida cattedrale gotica che domina la città, costruita nel
XII secolo, la cui guglia di ferro alta centocinquantuno metri era nel 1877 la
più alta costruzione del mondo, si può visitare il Musée des Beaux-Arts, che
vanta una collezione tra le più prestigiose della nazione, soprattutto di opere
dei pittori impressionisti per le quali è il secondo museo più importante dopo
quello d’Orsay di Parigi. Il museo, fino al 31 agosto, ospita una grande mostra
dal titolo Cathédrales, 1789-1914: Un Mythe moderne, che si
propone di esplorare, alla luce del legame franco-tedesco, un tema affascinante
e inedito: il ruolo della cattedrale nell’immaginario artistico e nel dibattito
nazionale, da Goethe e Victor Hugo fino alla prima guerra mondiale. Riunendo
due città, Rouen e Colonia, entrambe caratterizzate dalla presenza di una
cattedrale gotica di fama mondiale, l’esposizione presenta circa
duecentocinquanta opere (dipinti, oggetti d’arte, schizzi, disegni), realizzate
in un arco temporale di ampio respiro, e fra i più fertili dal punto di vista
culturale e artistico. La cattedrale gotica, che incarna per eccellenza
l’architettura monumentale del medioevo, ha conosciuto nel XIX secolo una riscoperta
inattesa, diventando un emblema dell’identità nazionale; ciò che le opere
presenti in mostra svelano è inoltre quanto sia stata, nel corso
dell’Ottocento, un’inesauribile e complessa fonte di ispirazione non soltanto a
livello pittorico, ma anche musicale, letterario, poetico, teatrale. Scegliendo
la celebre serie di Monet, realizzata nell’ultimo ventennio del secolo,
consacrata alla cattedrale di Rouen dipinta in differenti ore del giorno, come
momento chiave di un processo di riappropriazione, da parte della Francia e
della Germania, del monumento in quanto simbolo nazionale, la mostra si divide
in varie sezioni, che seguono un ordine cronologico.
La Cattedrale di Colonia |
Molti quadri di inizio
Ottocento sono dedicati alle cattedrali di Reims, luogo dell’incoronamento dei
re di Francia e dunque simbolo dell’alleanza tra potere spirituale e potere
temporale, e di Notre-Dame di Parigi. Se dall’altra parte del Reno è Goethe,
nel Faust, il primo a contribuire alla nascita del mito della cattedrale (in
mostra, opere di Friedrich, Carus e Schinkel illustrano mirabilmente la fusione
tra arte, spiritualità e natura, che sconfina talvolta in un sentimento quasi
mistico), in Inghilterra Constable e Turner si dedicano al gusto dei «voyages
illustrés» dipingendo le cattedrali di Salisbury o di Rouen, in Francia è sicuramente
Notre-Dame de Paris di Victor Hugo l’opera romantica che, a partire dal titolo,
ha contribuito maggiormente alla rinascita dell’arte gotica. Il testo di Hugo,
che ha ispirato molti artisti presenti in mostra, e ha conosciuto all’epoca
anche numerose edizioni illustrate, aveva addirittura fatto partire una
campagna di restauro della chiesa, altrimenti destinata all’abbandono e alla distruzione.
La Cattedrale di Reims |
Negli stessi anni i pittori paesaggisti, tra cui spicca Corot, integravano
l’immagine statica della cattedrale, con le sue guglie svettanti nel cielo,
all’interno delle loro rappresentazioni di paesaggi urbani o rurali.
Interessante che Monet si dedichi alla serie della Cattedrale di Rouen nello
stesso momento in cui dipingeva «degli interni di stazioni»: la «cattedrale
della modernità», la stazione, salutata con entusiasmo da Zola (che in Le Rêve, tuttavia, ambienta alcuni
passaggi nella cattedrale di Beaumont e risveglia un sentimento di fede
popolare), messa a confronto con il monumento del passato e della memoria
storica nazionale. Splendida la sezione dedicata ai simbolisti, con i dipinti
di Redon che colorano vetrate e rosoni di sogno, e gli schizzi di Rodin per la Porte de l’enfer (iniziata nel 1880
circa), rimasta incompiuta. Sicuramente nella celebre opera era confluito il
ricordo dei portali delle cattedrali di Reims e di Parigi, dove Rodin si recava
a meditare riferendo «un sincero amore» per questi monumenti, analizzati anche
in un libro poco noto, Les Cathédrales de
France, uscito postumo. Nelle convulsioni dei dannati di Dante scolpiti da
Rodin si coglie tutta l’inquietudine del genio e l’impossibilità dell’uomo di
fine secolo di assumere l’equilibrio e la serenità delle porte del rinascimento
italiano di Ghiberti, cui pure si era inizialmente ispirato, e nella scultura
(in mostra) intitolata proprio La Cathédrale,
due mani quasi in preghiera, si può scorgere non solo il devoto, ma anche l’artista
à l’oeuvre, il costruttore, l’architetto-demiurgo, che in notti febbrili
realizza la sua opera per volontà e ispirazione divina. Sempre in quei controversi
anni di fine Ottocento lo scrittore simbolista Huysmans, dopo un romanzo come À rebours, e dopo essersi appassionato
alla magia e al satanismo, consapevole, come scrisse D’Aurevilly, che gli
restava «o la canna della pistola o i piedi della croce», sceglierà la seconda
alternativa, e a seguito della conversione nel 1898 scriverà La Cathédrale, storia della Cattedrale
di Chartres.
La Cattedrale di Chartres |
Tra le avanguardie moderne, in mostra il ciclo di Saint-Séverin di
Delaunay, le cattedrali cubiste di Dumont, e altre opere del Novecento che
testimoniano quanto questo soggetto, sia come simbolo dell’identità nazionale e
del patrimonio artistico sia come emblema di un passato che rivaleggia
faticosamente col nuovo (la Tour Eiffel, soprattutto), resti molto presente
nell’immaginario e nella produzione artistica. Chiude la mostra la sezione
dedicata al tema della cattedrale «en guerre»: fotografie, cartoline,
letteratura di propaganda accompagnata da locandine, incentrate soprattutto sul
bombardamento della cattedrale di Reims all’inizio della prima Guerra Mondiale
(19 settembre 1914), emblema della barbarie della guerra. Sono molti gli
artisti di questo periodo che scelgono di raccontare i loro monumenti
religiosi, sia tedeschi che francesi, devastati e in rovina, e tra le due
guerre gli espressionisti tedeschi e il Bauhaus, nella loro visione spigolosa e
dinamica della città, accordano ancora molto spazio alle cattedrali (in mostra,
tra gli altri, Feininger).
La Cattedrale di Salisbury |
In una sala più piccola del Musée des Beaux-Arts si
è appena conclusa l’esposizione Dans
l’Atelier d’Emma: Madame Bovary illustré par Albert Fourié, dedicata ai disegni preparatori di Albert Fourié per
le due edizioni (una del 1885, l’altra del 1906-1907) di Madame Bovary di Flaubert. Curiosa e intrigante la concomitanza dei
due eventi. Flaubert scelse di scrivere il meraviglioso e perturbante “La
leggenda di San Giuliano Ospitaliere”
dopo aver a lungo ammirato le vetrate della cattedrale di Rouen che
riproducevano la storia del santo, prestò alla sua Salomé in “Erodiade” la posa
che figura nel bassorilievo del portale sinistro della facciata, e sono
moltissime le pagine della corrispondenza in cui fa riferimento alla
cattedrale, sia in senso reale che metaforico. Tuttavia, tra tutti gli autori
presenti o evocati in mostra, è anche colui che, pur scrivendo nel cuore
dell’Ottocento, mostra la maggiore ironia e derisione rispetto alla cattedrale
come simbolo religioso, al punto di situare il primo incontro amoroso di Emma e
Léon, carico di situazioni grottesche, «alle undici, alla cattedrale». I due
amanti cercano in tutti i modi di evitare le spiegazioni di un inopportuno
custode sulle «bellezze della cattedrale» (che non riescono a risultare tali
neanche per il lettore, trascinato in una vera e propria fuga dall’edificio
religioso, troppo grande e luminoso), per rinchiudersi nello stretto e buio
abitacolo di una carrozza «più ermetica di una tomba», dove consumeranno il
loro amplesso. Il loro amore, «raggelato come le pietre da ormai quasi due ore
nella chiesa», rischiava di dissolversi «come uno sbuffo di fumo» all’interno
di quel «tubo tronco», ossia la guglia di ferro, non ancora completata dopo
l’incendio di inizio secolo che ne aveva distrutto l’originale, e che a
Flaubert pareva più che una superba «flèche» gotica, «la trovata stravagante di
un estroso calderaio». Ma del resto, scriveva Flaubert, «si misura un’anima
dalla dimensione del desiderio che contiene, così come si giudica una
cattedrale dall’altezza del suo campanile». E non della sua guglia, specie se
di ferro.
Cathédrales, 1789-1914: Un
Mythe moderne.
A
cura di Sylvain Amic e Ségolène Le Men