di
Fulvio Papi
Cercherò di riprendere con una sua
eco il significato di resurrezione dal racconto evangelico che, nel profondo,
parla a ognuno di noi. È l’educazione di uno sguardo sul mondo che dubita
dell’esistenza che pare attenderci nel suo cerchio, e desidera rimuovere quello
che è un destino e un silenzio delle “cose come sono”. Un uomo giusto e
coraggioso mostra con la seduzione delle parole e la testimonianza delle opere
che una vita degna del suo senso non può chiudersi nell’osservanza delle leggi
e dei riti di un potere religioso, sociale e politico. Al di là dell’osservanza
e del costume c’è un ordine ideale che, dai lembi del cielo, annuncia una nuova
storia della nostra esistenza: “ama il prossimo tuo come te stesso”. Forse un
comando troppo difficile che, detto così, non appartiene a nessuna cultura. Un
filosofo moderno, educato da una madre pietista, lo ha tradotto in una norma
più facile: “non considerare mai gli altri come mezzi, essi hanno una propria
finalità come tu ne hai una per te stesso”. È l’eco di una buona modernità che
però ha sempre avuto problemi con l’amore, se non sbaglio, persino in una
soddisfacente traduzione. Rimane invece la dolce energia della parola dell’uomo
giusto e coraggioso. E la forza del dire che desidera allontanarci da un
costume mondano passivo e autosufficiente, una voce dissonante che sceglie un
altro valore al tempo della vita. Cambia l’ordine della verità. Si oscura una
mondanità fine a se stessa e al proprio valore, e restituisce noi stessi nella
gloria della nostra fragilità, esposti al nulla, al male, al dolore, ma capaci
di una nuova storia, di un riconoscimento comune, di una resurrezione che era
nel segreto della nostra esistenza. È anche facile con la scrittura aprire
questo teatro di una possibile vita, altro è giocare la propria dedizione morale
nella rappresentazione sensibile opposta alla verità e alle forme della
violenza. È già nostro merito saper trovare questo sentiero. Poiché è solo
l’uomo giusto e coraggioso che può affrontare questa prova estrema; e la
testimonianza della sua vittoria, è la morte che segue il corso del mondo,
prima di divenire dal cielo l’ordine rinnovato del mondo, affidato in terra
agli allievi devoti. La resurrezione piena appartiene solo all’uomo giusto e
coraggioso che ha percepito solo una volta in croce il segno della carne. E
tuttavia anche noi possiamo avere la nostra possibile resurrezione quando
resistiamo al flusso della corrente, residui di un necessario naufragio, onde
indifferenti che portano foglie dalla breve durata. Sapere assumere la
contraddizione che può turbare l’esistenza, viverla nella sapienza quotidiana,
leggerla nello sguardo dell’altro, questa è la nostra possibile resurrezione:
un’altra confidenza aperta, libera e giusta con il tempo che ci è donato.
Scrivere un racconto che, forse pensato, non era mai stato scritto.