di
Angelo Gaccione
Ho scritto e detto, in varie
occasioni, che se l’uomo sparisse dalla faccia della terra, piante e animali di
ogni sorta (quelli che l’uomo col suo nefasto passaggio sulla terra non è
riuscito del tutto a cancellare) si riprenderebbero ogni luogo, ogni spazio
urbanizzato. Verrebbero divelti asfalti di catrame e sampietrini; lastricati di
basalto e vie consolari. Radici possenti non temerebbero ostacoli e per le vie
si vedrebbero passeggiare colonie di fauna fra le più diverse. Ne stiamo avendo
un assaggio in questi giorni di forzata cattività, in paesi e cittadine dove
più rigorosa è la quarantena, e la presenza umana è inesistente o discreta.
Questo fenicottero che passeggia tranquillo e senza pericoli, fotografato in
una sera di aprile illuminata dai lampioni di Quartu Sant’Elena in Sardegna, e
fatto giungere a me da Iole Mura, ne è il più evidente dei segni.
Cupola dei Cappuccini |
Scorcio di Acri tra la nebbia |
L'altura del Castello |
Le tre immagini che vedete, con il
paesaggio avvolto tra la nebbia, sono state scattate ieri da Annamaria Zanfini
e giunte a me, via What’s App, tramite il pittore Filippo Gallipoli. Si tratta di Acri, uno dei centri più grossi della Calabria - e non solo - per estensione
territoriale. A vederla avvolta in questa atmosfera magica e poetica, sono
sicuro che rivelerà un fascino particolare agli occhi dei nostri numerosi
lettori, come è successo a me. Ma per me è fin troppo facile, io sono di parte perché
questa terra mi appartiene, come mi appartiene la sua lingua. La cupola che
emerge grigia dal vapore è quella dei Cappuccini. Appena sotto c’è la casa dove
ho vissuto la gran parte della mia giovinezza e dove sono tornato fino alla
morte dei miei genitori. L’altura su cui si indovina invece la sagoma di una
vaga forma a botte, è quel che rimane del Castello a tre torri. Il rione ne prende il nome e salendo si allunga verso Padìa. Su quel cocuzzolo, e tra le sue vie, ho
giocato come tanti ragazzi, e dentro l’edificio scolastico prospiciente, ho
frequentato le classi elementari dove mi bocciarono in quinta. Quando mio padre
mi mandò a ripetere a Monachelle, in un complesso scolastico lontano dal mio vecchio amato quartiere Castello, soffrii in un modo atroce.
Non mi sono mai potuto riconciliare con i guasti urbani irreparabili di alcune
zone di questa città. Oh, lo so bene che guasti sono avvenuti dappertutto, lo
so bene. Ma so altrettanto bene che tutto ciò che ci è rimasto nel cuore, ha
avuto inizio dagli occhi.