di Don Paolo Felice Steffano*
Pubblichiamo
alcuni brani della lettera che don Paolo Steffano ha indirizzato ai vescovi
italiani che avevano protestato per le restrizioni del Governo. In verità la
questione è superata perché il papa ha detto la sua il giorno dopo, smentendo i
vescovi. La situazione, come ben evidenzia don Paolo, è molto più seria, ed è
facile sputare sentenze comodamente protetti nei lussuosi appartamenti vaticani
e passeggiando nei lussureggianti giardini e nulla rischiando. In modo diverso
si stanno comportando molti semplici preti, e più di un centinaio hanno perso
la vita nel dare concretezza al proprio magistero tra le loro comunità. Si
tratta di quella parte di Chiesa che non si è mai fermata e risparmiata. [A.G.]
Non
posso tacere il mio disappunto che penso condiviso con tanti, per la vostra
lettera. (…) Avete scritto che con sofferenza e senso di responsabilità avete
accettato le limitazioni governative e fate appello all’esercizio della libertà
di culto… ma siete italiani contemporanei o bibliotecari di un museo? ma sapete
che periodo stiamo vivendo nei nostri quartieri? E poi andate a chiedere ai
vescovi che vivono in un contesto vero il limite della propria libertà religiosa…
Non scherziamo!
Per
fortuna c’è un’altra parte. Quella che vive la propria fede dentro la storia
del proprio popolo, che nutre la sua fede e i segni della grazia dentro
l’incontro con il povero e la preghiera forte e convinta e non in una vita
sacramentale staccata dalla vicinanza con chi è povero
Non
è l’ira che mi muove, ma lo sdegno e la vergogna e guai a chi suscita scandalo!
Rimando a molti interventi saggi e sapienti che in queste ore stanno facendo
riflettere e invito tanti altre a fare la propria parte. Ognuno ha il suo modo
di scrivere. Il mio è sempre troppo pungente e sarcastico. Ma tant’è. Il
Signore ci ama così come siamo! Invito anche vescovi illuminati a dire la loro
e a non rintanarsi nel mucchio. Ho la speranza che ce ne siano!
Di
fronte a migliaia di morti, uomini e donne, tra cui più di 100 preti (e nessun
vescovo!) di fronte allo spendersi di migliaia di volontari, categorie a
rischio, parrocchie in prima linea, non è accettabile che il coro dei vescovi
italiani possa scrivere di esigere che possa riprendere l’azione pastorale. Ma
a che gioco giochiamo? Chi ha sospeso l’azione pastorale? Voi, non certo le
comunità cristiane di base.
Siete
sempre così attenti ai cavilli quando scrivete, qualcuno scriva che avete
sbagliato, almeno il secolo! Deve riprendere l’azione pastorale? Sono mesi che
celebriamo la vita nei garage adibiti a distribuzione alimentare. Deve riprendere
l’azione pastorale? In Quaresima e in Settimana Santa abbiamo cercato di
coinvolgere, di spezzare il pane della liturgia viva nell’offerta della vita
delle nostre famiglie. Deve riprendere l’azione pastorale? Abbiamo passato ore
in call e in telefonate agli anziani, ai malati, a sostenere infermieri e
medici. Deve riprendere l’azione pastorale? Abbiamo pregato nel silenzio delle
nostre chiese vuote. Deve riprendere l’azione pastorale? Le nostre casse in
queste settimane si sono riempite di donatori (anche di peccatori e di
irregolari come dite voi) sapete perché? Perché ciò che viene deposto ai piedi
dei discepoli viene consegnato ai poveri. Nessuno è bisognoso quando si è
ricchi dentro! E poi siate almeno concreti! per la sanificazione? Venite voi?
Pagate voi? Vi mettete voi alle porte della chiesa con lo scanner? (…) E ancora:
avete pensato a come viene consegnato il dono dell’Eucarestia senza il rischio
del contagio? Perché all’inizio della fase 2-3-4 non aprire le chiese e
promuovere un ascolto comunitario delle scritture? Perché? O una preghiera
popolare?
Grazie
papa Francesco! Ho l’ardire di pensare che tu non approvi. L’hai scritto così
bene nell’Evangelii gaudium. Preghiamo per te e buon pranzo! ma tu prega
per noi, perché non ci lasciamo rubare la chiesa da pastori tristi nostalgici e
poco illuminati. Sta nascendo qualcosa di nuovo e ce ne stiamo accorgendo!
*Parroco a Baranzate, è stato vicario alla parrocchia
di San Pio V e Santa Maria di Calvairate. Don Paolo, per il suo lavoro a
Baranzate, è stato nominato Ufficiale all’ordine della Repubblica dal
Presidente.