ANTONIA POZZI
di Rita Bompadre
Tu sei l'erba e la terra di Antonia Pozzi
(Garzanti Editore, 2020) è una dichiarazione indistinta di solitudine sfumata
nel disincanto dell'anima, appassionata e struggente, in un'unica e sconfinata
poesia d'amore che la poetessa ha rivelato per tutta la sua breve vita. La
nostalgia, l'arrendevole passione, la ritualità evocativa delle sue
confessioni, sono il terreno propizio custodito nei versi, avvolti da
un'apparente quiete di grazia e rassegnazione, assorbiti nell'essenza
crepuscolare e nella dissolvenza espressionista della malinconia. Le parole,
commosse ed orgogliose, sostengono la perdizione dell'assenza. La poesia di
Antonia Pozzi accoglie il sortilegio dell'impulsività avvicendando il ricordo di una condanna
sentimentale, nella sua passione per il suo amato professore, con il suo
corteggiamento infelice e tormentato, consumato dal dolore e da un'aspettativa
non corrisposta. I testi sono salvifico intervallo nella dilatazione emotiva e
richiamano l'autentica e trascinante forza magnetica della natura, conforto
originario di serenità e grembo di affinità romantica, oltrepassano le stagioni
ostinate delle promesse e della dignità riconosciuta “sulla via dei luoghi
amati”, dove l'avvenenza sussurra, sincera e fedele, l'estetismo poetico nello
specchio dei movimenti sinuosi delle adorate montagne. La poetessa è testimone
della riservata e rigorosa decadenza che addensa l'ostilità delle ombre e scava
nelle atmosfere desolate dello spirito. Il mondo, elegantemente violento e
superbo, è fatto di desideri e illusioni, si nutre di lacrime e di attese e la
poesia visiva di Antonia Pozzi è un'immutabile e rarefatta inquietudine
scandita dallo squilibrio degli indugi. Il destino della poetessa non ha via
d'uscita se non nell'unico finale possibile e stringe intorno a sé l'esasperata
povertà della sostanza di un sogno infranto, di una lacerante lusinga di chi
desidera il ritorno alla vita, al vivere in poesia. I versi ascoltano il
respiro di una sacrificata sensibilità, affondano nella memoria il rovescio di
una pena abbracciata all'esistenza ferita. Le poesie di Antonia Pozzi giunte
solo postume tornano a far luce e rumore da “un'esile
scia di silenzio”. Presagio rappresentativo è la fatalità improvvisa di chi
muore giovane e suicida condividendo nell'intreccio al male di vivere che
accomuna altre importanti poetesse, l'impossibilità di colmare il vuoto
interiore, premeditato nell'incompatibilità della disperazione di una morte
intenzionale.
Tristezza
di queste mie mani
troppo
pesanti
per
non aprire piaghe,
troppo
leggere
per
lasciare un'impronta -
tristezza
di questa mia bocca
che
dice le stesse
parole
tue
- altre cose intendendo -
e
questo è il modo
della
più disperata
lontananza.
[16
ottobre 1933]