di Maddalena
Capalbi
Maddalena Capalbi |
Il titolo, Spore, di questa ultima raccolta di poesie di Angelo Gaccione appare più che mai illuminante. Come le spore dei funghi si disperdono nell’ambiente anche in condizioni avverse e generano altri funghi, le poesie di questo libro, pur nella loro brevità hanno, proprio come le spore, la forza - in un tempo ostico per la poesia - di provocare nel lettore non solo emozioni (e non è poco) ma anche pensiero. Il libro è diviso in due sezioni: Per il verso giusto e La presenza dei morti. Tra le 57 poesie della prima sezione e le 9 della seconda l’autore compie, con maestria, un salto stilistico per adattare il linguaggio poetico ai temi affrontati, mantenendo alta la tensione emotiva in entrambi i casi.
Nella prima
parte del libro Angelo Gaccione riesce, grazie ad una sorta di sincretismo
culturale, ad evocare le grandi saggezze orientali e nello stesso tempo a
laicizzare taluni messaggi cristiani. Anche se non si tratta - sia per la
metrica che per i temi di Haiku o di Tanka - c’è in queste poesie la forza di
grandi poeti come Yosa Buson, Masaoka Shiki e Matsuo Bashō. Il poeta è riuscito
nell’impresa di trasformare in poesia l’icasticità dell’aforisma colpendo così
il lettore con un lampo, una sferzata proprio come se fossimo seduti davanti a
un maestro Zen a bere una tazza di tè ascoltando perle di un’antica saggezza.
Il poeta, con abilità, riesce anche ad adattare in poesia citazioni di Epicuro
e del Vangelo, ribaltando e nello stesso tempo dando forza al messaggio «Tre
volte cantò il gallo/e un uomo fu tradito/ Tre uomini furono traditi,/ ma
nessun gallo cantò». Poi si diverte con una sorta di allitterazione: «Raccontò
un racconto/sublime/ Non ci incantò il racconto./ È come raccontò il racconto,/
che ci incantò». Le immagini poetiche sono di rara efficacia: «Partirono di
buon mattino/ e si diressero ad est./ Nessuna felicità li sorprese/ per strada,
ma il sole». C’è anche un messaggio civile come, per esempio, in questi
brevissimi versi: «Barabba! Barabba!/ gridava la folla./ È sempre l’innocenza/
che spaventa il delitto», oppure «All’uomo! All’uomo!/ gridò il lupo./ E non fu
il solo/ a prendere la via del bosco». Non poteva poi dimenticare le sue
origini calabresi con una citazione dialettale per una dolce poesia dedicata
alla madre: «Uocchiu c’u bbidi,/ cori c’u ddodi./ Ma il suo cuore di madre
vedeva,/ fin dove l’occhio non giunge».
E alla madre
sono dedicate le 9 poesie della seconda sezione. Versi malinconici e tristi che
raccontano una storia privata ma che, grazie alla poesia, sono in grado di
ravvivare nel lettore lo stesso dolore del poeta per la perdita di un genitore.
La prima, che apre la sezione, dà conto anche della memoria conservata e
alimentata dal padre del poeta. Sembra di vederlo quell’uomo rimasto solo: «È
sorprendente quanto siano vive,/ le cose appartenute ai morti./ Non è solo il
maglione,/ rimasto ripiegato sul divano,/ o la vestaglia appesa alla parete./
Mio padre la vede muoversi in giardino,/ e ravvivare il fuoco del camino./ Le
parla spesso, dice, e lei risponde./ E per quanto incredibile, gli credo». Del padre
vuole ricordare il lutto che lo ha reso orfano, quel vuoto che lo ha reso
consapevole d’essere solo al mondo con la confessione: «Ero padre anch’io,/ ma
me ne accorsi,/ quando persi te».
Angelo Gaccione
Spore
Interlinea 2020
Pagg. 90 €
12,00