L’epidemia del Coronavirus rappresenta un
dramma umanitario a cui si aggiungono enormi danni al sistema economico e
produttivo del nostro paese.
All’emergenza
sanitaria si accompagnano quelle economiche e sociali.
È nostro
auspicio che se ne esca in avanti, valorizzando fino in fondo le risorse
disponibili, allargando il welfare, migliorando la sanità pubblica,
l’assistenza per i soggetti più fragili e cogliendo l’occasione per dar vita a
quella grande riconversione ambientale e sociale dell’apparato produttivo
necessaria al fine di vincere la sfida posta dalla questione ambientale.
Ne possiamo
però anche uscire all’indietro, peggiorando le condizioni attuali con un
ulteriore ricorso a politiche liberiste di austerity: quelle politiche che
tanti danni hanno fatto in questi decenni e che sono alla base
dell’indebolimento del sistema sanitario pubblico, pagato a caro prezzo dalla
popolazione e dal personale sanitario in queste settimane.
Il tempo di
questa discussione è oggi.
Mentre il
paese attonito piange i suoi morti, i governi dell’Unione Europea stanno
discutendo sul da farsi.
Le
scriviamo perché le notizie che circolano non sono per nulla rassicuranti.
Si parla di
aumentare la spesa in deficit ma prevedendo che il maggior esborso oggi dovrà
essere recuperato con maggiori tagli domani.
Si parla di
accedere oggi a prestiti su scala europea e nel contempo si prevede la
necessità di restituire domani questi prestiti, sommando questa restituzione alla
necessità di tagliare il debito in essere e quello che verrà fatto in virtù di
un aumento della spesa in deficit.
In altre
parole, dietro acronimi esoterici come MES e dietro un linguaggio iniziatico il
cui significato reale sfugge ai più, si nasconde la concreta possibilità che la
crisi del coronavirus si traduca in un nuovo cappio al collo dell’economia e
del popolo italiano. Pagheremmo con ulteriori tagli e privatizzazioni nei
prossimi anni decisioni sbagliate assunte oggi.
Noi
riteniamo ottusa e criminale questa prospettiva.
Le
scriviamo in quanto garante della Costituzione e dell’unità della nazione per
chiedere con forza che vigili e intervenga al fine di impedire al Presidente
del Consiglio Conte di sottoscrivere - nel prossimo Consiglio europeo o nei
prossimi giorni - accordi per prestiti condizionati che avrebbero unicamente la
funzione di porre il nostro paese in mano ai creditori e non più al popolo
italiano. Il MES e il Patto di stabilità non possono essere attivati per
risolvere la crisi economica perché i loro meccanismi intrinseci sono la fonte
della crisi. Nessun accordo in sede europea è meglio di un suicidio del paese.
Parimenti
intendiamo indicare una strada alternativa, sulla base di quanto avviene in
tutto il mondo:
proponiamo
che venga posta con forza la necessità di dar vita all’unico provvedimento
sensato in un momento come questo e cioè che la BCE, che ha la funzione
istituzionale di creare moneta e di garantire lo sviluppo economico e un
adeguato tasso di inflazione all’Europa, concorra direttamente e con risorse
proprie alla creazione di una grande piano per il welfare e la riconversione
dell’economia in modo da creare milioni di posti di lavoro e salvaguardare
quelli oggi a rischio. Mille miliardi di euro all’anno sarebbero una cifra
congrua al fine di permettere all’Europa di sortire dalla crisi e di sortirne
insieme, evitando che proprio le politiche europee riproducano quei meccanismi
infernali che dopo la Prima Guerra Mondiale posero le basi per la seconda.
La
preghiamo di usare tutta la sua autorevolezza per indirizzare il confronto tra
le forze politiche e i partner internazionali in una direzione costruttiva per
tutti.
Maurizio
Acerbo,
segretario
Rifondazione
Comunista - Sinistra Europea
Paolo
Ferrero,
vicepresidente del Partito della Sinistra Europea