di Nino Di Paolo
Nino Di Paolo |
La raccolta di racconti di
Angelo Gaccione L’incendio di Roccabruna, scritto nel penultimo decennio
del secolo scorso, è l’epopea di un popolo che, attraversando lo scorrere
dei secoli, vive di miseria, soprusi, violenza, vendetta, sangue.
I quindici racconti sono talmente crudi da sembrare, a
volte, onirici per il loro svolgimento, frutto di incubi anziché di realtà. Eppure,
sia laddove risultino inventati sia dove storicamente avvenuti, non sono
inverosimili.
Ed il fatto che si sviluppino in un territorio tutt’altro che esteso all’interno di una Regione del nostro Sud, la Calabria, non esclude la loro universalità, ma, al contrario, la sottolinea. È proprio l’estremizzazione di violenza, crudeltà e vendetta che fa emergere le caratteristiche primordiali dell’umanità oppressa dalla predazione dei simili, dal cinismo della natura e dal rifugio nella superstizione.
Ed il fatto che si sviluppino in un territorio tutt’altro che esteso all’interno di una Regione del nostro Sud, la Calabria, non esclude la loro universalità, ma, al contrario, la sottolinea. È proprio l’estremizzazione di violenza, crudeltà e vendetta che fa emergere le caratteristiche primordiali dell’umanità oppressa dalla predazione dei simili, dal cinismo della natura e dal rifugio nella superstizione.
Però, nell’ultimo racconto, (“L’uccisione dei cani”),
è la forma “superstiziosa” del rituale di una donna del popolo che “salva” la
comunità attraverso la guarigione di un’ammalata. Quel secolare mondo di
spietata ed assurda follia si riscatta solo attraverso la “tramandata scienza”
delle donne del popolo.
Sappiamo che quella, scienza non è: bensì l'espressione della cura “materna” delle donne verso la propria comunità.
Sappiamo che quella, scienza non è: bensì l'espressione della cura “materna” delle donne verso la propria comunità.
Non è soltanto questo il messaggio del libro di
Gaccione.
Ogni racconto ha una sua morale ed anche i riferimenti storici sono curati ed hanno il loro peso nell’economia dell’opera. Primo fra tutti quello della ricostruzione della vicenda dell’appropriazione delle terre di uso comunitario da parte di élites di predoni giuridicamente autorizzati a farlo (le enclosures act di casa nostra) che immiserirono più di quanto già immiseriva una natura spesso ostile, le moltitudini del nostro Mezzogiorno.
Ogni racconto ha una sua morale ed anche i riferimenti storici sono curati ed hanno il loro peso nell’economia dell’opera. Primo fra tutti quello della ricostruzione della vicenda dell’appropriazione delle terre di uso comunitario da parte di élites di predoni giuridicamente autorizzati a farlo (le enclosures act di casa nostra) che immiserirono più di quanto già immiseriva una natura spesso ostile, le moltitudini del nostro Mezzogiorno.
L’incendio di Roccabruna,
nel narrare di un territorio parte della Calabria, si affianca e si aggiunge
all’epopea dei “cafoni” della Marsica di Fontamara e di Vino e Pane
di Ignazio Silone come a quella dei contadini lucani del Cristo si è
fermato a Eboli di Carlo Levi.
La specificità di Gaccione, rispetto a questi autori, sta in una pedagogia della rivolta che non c’è nel libro di Carlo Levi e che è soltanto parzialmente presente nei libri di Silone. Un’opera originale, dunque, nel solco della nostra letteratura meridionalistica del Novecento.
La specificità di Gaccione, rispetto a questi autori, sta in una pedagogia della rivolta che non c’è nel libro di Carlo Levi e che è soltanto parzialmente presente nei libri di Silone. Un’opera originale, dunque, nel solco della nostra letteratura meridionalistica del Novecento.
La copertina del libro |
Angelo Gaccione
L’incendio di Roccabrua
Di Felice Edizioni 2019
Pagg. 128 € 12,00