di
Franco Toscani
Disegno di Federico Confortini |
Sarebbe
auspicabile che da questa tragedia potesse spuntare un "nuovo
inizio", una rinascita, affacciarsi un "cuore nuovo" o "di
carne" (grande tema della sapienza e profezia biblica. Cfr.
Ez 11, 19-20;
Ez 36, 26-27;
Ger 31,
31-34;1Re 3, 9-12) in
alternativa al "cuore di pietra", avviarsi
una conversione (non solo
etica, ma pure una conversione ecologica dell'economia),
un processo di umanizzazione reale, in nome di quella globalizzazione della
fraternità e della cooperazione, della solidarietà e della condivisione
indicata pure, profeticamente,
da papa Francesco. "Svegliati, o Signore!", ha esclamato recentemente
quest'ultimo in piazza san Pietro, invocando Dio perché intervenga e ci liberi
dalla pandemia. Queste e altre parole del papa sono pietose, lucide e
profondamente umane, ma rivelano pure una drammatica impotenza. Su
"Avvenire" il sociologo cattolico Mauro Magatti ha espresso
apertamente in questi giorni il proprio smarrimento e la propria inquietudine
di credente circa la difficoltà di cogliere i segni e le tracce del divino
nella situazione odierna. Dio non risponde, non può risponderci. Siamo affidati
a noi stessi, alle nostre scelte e responsabilità, alle nostre azioni e pratiche di vita. Il
silenzio e l'assenza di Dio - nel tempo presente che sparge paura, sofferenza e
morte fra gli uomini - ci lasciano particolarmente sgomenti e ci rivelano
l'abisso della condizione umana, ma ci richiamano pure all'esigenza pressante
dell'azione e della assunzione di responsabilità. Le attuali tribolazioni e
angustie richiedono una radicale conversione dei cuori e delle coscienze, una
tensione alla giustizia, a contrastare le enormi diseguaglianze economico-sociali,
i vergognosi squilibri di ricchezza e di potere esistenti nel mondo. Ne saremo
capaci? Ci troviamo e ci troveremo
sempre più in una situazione in cui sono e saranno richieste molte risorse
economiche, in cui occorre e occorrerà applicare il sano e semplice
principio secondo cui chi ha
di più deve dare di più. Una maggiore giustizia sociale diventa un imperativo
morale, se non vogliamo fare delle vane chiacchiere e della retorica insulsa, insopportabile.
Una delle verità principali che questa pandemia ci consente di riscoprire è
quella che il buddhismo chiama la "co-produzione condizionata" o
"genesi interdipendente" di tutti i fenomeni, ossia il fatto che
l'interrelazione o interdipendenza universale concerne tutti gli esseri e le cose; nessuno o nessuna
cosa può sognarsi uno "splendido isolamento", può fare l'"anima
bella". L'uomo non è un dio né una bestia, diceva già Aristotele, ma un animale
razionale, sociale e politico. In questa stessa direzione della "vita
buona", anche il grande pensiero filosofico europeo e italiano ha parlato
sovente di intersoggettività, di relazionismo e di "ontologia
chiasmatica": penso qui soprattutto a Edmund Husserl, Enzo Paci e Maurice
Merleau-Ponty. Più che mai attuale è
pure il messaggio della poesia La ginestra (1836) di Giacomo Leopardi, che richiama gli
uomini - a partire dalla condizione umana e dalla sventura comune - a
riscoprire le ragioni della fratellanza e dell'amore reciproco, della
solidarietà e della cooperazione. Molti potranno riconsiderare e rivalutare
tutto ciò, ma non è scontato. Per il momento, siamo ancora nella bufera, ci
occorrono molta pazienza e molto coraggio (o forza del cuore, come dice ottimamente Vito
Mancuso), molta coscienza, responsabilità, azione solidale e
concreta.