di Alessandro Pascolini*
Le nuove testate americane W76-2
Il 4 febbraio scorso John
Rood, sottosegretario americano alla difesa, ha confermato che la marina
statunitense ha messo in campo la testata di bassa potenza W76-2 per missili
balistici Trident II
(D-5) lanciati da sottomarini (SLBM); tale classe di armi era stata
richiesta dal presidente Trump e compariva fra i nuovi programmi previsti dalla
2018 Nuclear Posture Review, il documento che precisa la politica nucleare del
ministero della difesa americano.
Secondo la Federazione degli scienziati atomici (FAS), un primo
sommergibile dotato delle nuove testate, l’USS Tennessee (SSBN-734), è già in
navigazione, partito dalla base Kings Bay in Georgia alla fine del 2019. Di
fatto in alcuni dei missili a bordo si sono sostituite con W76-2 le attuali
W76-1, ordigni a due stadi fissione-fusione per una resa di 90 kton. La National Nuclear Security Administration
(NNSA) ha affermato che la versione a bassa resa della W76 sarebbe
configurata “per la detonazione del solo primario’’ a fissione. Ciò potrebbe
significare una resa inferiore a 10 kton (8 kton secondo alcune stime), una
potenza comunque sufficiente a distruggere una città (ricordiamo che l’ordigno su
Hiroshima era di 12,5 kton). La sostituzione di armi da 90 kton con testate 10 volte meno potenti a prima vista può sembrare una
buona notizia, dato che in caso di conflitto nucleare i danni e le vittime prodotti
sarebbero inferiori, ma per la contorta logica della strategia nucleare
l’operazione in realtà aumenta il pericolo corrente.
Le motivazioni strategiche
Il programma prevede la produzione di 50 W76-2, che si aggiungono alle 1486 W76-1 e alle 384 W88 da 455 kton della
forza missilistica dei sommergibili americani. Chiaramente le nuove armi non
toccano, se non marginalmente, la struttura delle forze nucleari americane e
tuttavia al programma è stata data una grande valenza strategica: infatti in
tal modo gli USA dovrebbero
poter “impedire che potenziali avversari, come la Russia, credano che
l’impiego di armi nucleari di bassa potenza dia loro un vantaggio sugli Stati
Uniti e sui suoi alleati e partner. La nuova capacità supplementare rafforza la
deterrenza e fornisce agli Stati Uniti un’arma strategica immediata di bassa
potenza, in grado di penetrare le difese; sostiene il nostro impegno a favore
di una dissuasione estesa; e dimostra ai potenziali avversari che non vi è
alcun vantaggio in un impiego nucleare limitato perché gli Stati Uniti possono
rispondere in modo credibile e decisivo a qualsiasi tipo di minaccia.”
La minaccia
cui fa riferimento Rood, alla base della motivazione delle nuove armi, è
un’interpretazione di una possibile strategia
della Russia, la cosiddetta “intensificare-per-ridurre” (escalate-to-descalate,
e-t-d) per far fronte alla debolezza delle sue forze convenzionali rispetto agli
USA e la NATO. Secondo gli analisti che sostengono questa teoria, e
l’amministrazione Trump che l’ha sposata, qualora in un conflitto regionale convenzionale
contro gli USA o la NATO la Russia fosse in svantaggio, ricorrerebbe
all’impiego limitato di armi nucleari, in modo da porre gli avversari nel “dilemma
paralizzante: passare a un confronto nucleare illimitato
o porre fine al conflitto a condizioni favorevoli alla Russia."
Ossia, gli
Stati Uniti prima delle W76-2, avendo a disposizione solo armi di alta potenza,
come quelle attualmente impiegate su missili lanciati da sottomarini o da basi
a terra, sarebbero auto-dissuasi dal rispondere con le armi nucleari per timore
di scatenare una guerra totale, e quindi potrebbero essere costretti a
ritirarsi dalla lotta di fronte alla minaccia di un uso nucleare limitato. Le
nuove W76-2 permettendo appunto di rispondere a tono e di mantenere la guerra
nucleare limitata, dovrebbero dissuadere la Russia dal ricorso ad armi nucleari
in conflitti convenzionali, realizzando appunto una “dissuasione estesa” in tale
specifico contesto.
All’osservazione
che già la NATO possiede armi nucleari di bassa potenza, in quanto le 230 bombe a gravità B61
hanno rese variabili fra 0,3 e 170 kton e i 528 missili cruise a bordo delle
Stratofortezze B-52H sono dotati di testate W80-1 con potenza selettiva fra 5 e
150 kton, i sostenitori delle nuove W76 obiettano che gli aerei hanno una
limitata penetrazione delle difese russe, mentre i missili non sono
intercettabili, rendendo credibile la minaccia di ritorsione.
In realtà, a ben osservare, nessuna di
queste due armi risponde allo scopo di mantenere un confronto nucleare
limitato, in quanto i russi non possono sapere se un missile D5 lanciato da un
sottomarino sia dotato di una “debole” W76-2 o di una potente W76-1, né quale
sia la resa prevista di una bomba B61 o della W80 di un missile cruise lanciati
da un aereo. In entrambi i casi ci sarebbe il dubbio di trovarsi di fronte a un
attacco massiccio, e non limitato, e la politica di attenersi al caso peggiore
porterebbe a un ulteriore “intensificare-per-intensificare”, col pericolo di
una guerra totale. Lo stesso concetto di dissuasione richiede infatti come
condizione essenziale che i “segnali” fra le due parti che si confrontano siano
assolutamente chiari e non si prestino a equivoci.
Il
pericolo insito nelle W76-2
Il punto cruciale sta nello stesso concetto
di “dissuasione
estesa” in una situazione specifica e limitata, a prescindere dal quadro
generale. La dissuasione
consiste nella prevenzione di azioni avversarie mediante l’esistenza di una
chiara e credibile minaccia di contromisure inaccettabili, e/o la creazione
della convinzione che il costo dell’azione sia molto più pesante dei benefici
percepibili. Nel caso del confronto fra due potenze nucleari, in situazioni
ideali di massima razionalità di entrambi i leader, in una sostanziale
simmetria nelle capacità, e il pieno controllo di ciascuna delle due forze, la
minaccia di una ritorsione nucleare a un analogo attacco può (e forse ha
contribuito) a prevenire una guerra totale. Ma la deterrenza ha senso solo a
livello globale e non si può suddividere per applicarla in casi particolari isolati
dal contesto.
Se le nuove armi non hanno senso a scopi
dissuasivi, un’indicazione della loro reale motivazione è suggerita nell’ultimo
documento dottrinale Nuclear Operations del Joint Chiefs of Staff americano, dove si richiede una
varietà di armi nucleari di capacità complementari “per garantire agli USA
forze ridondanti e sinergetiche per operazioni difensive e offensive”. In
particolare si punta a realizzare la massima flessibilità di operazioni per
“affrontare il nemico a ogni livello e nel luogo appropriato, con la capacità
di intensificare o ridurre (escalating or de-scalating) il livello del
conflitto... Un’arma nucleare può venir introdotta in una campagna militare a
seguito della percezione che il confronto convenzionale porti a fallimento, di
una potenziale perdita del controllo o regime, al fine di intensificare il
conflitto per ottenere la pace a condizioni più favorevoli”.
Quindi, mentre non vi è traccia
nei documenti ufficiali sulla strategia nucleare russa di effettive operazioni e-t-d,
questo possibile impiego di armi nucleari “di vario livello” di potenza è
previsto invece dagli americani. Gli aerei sono chiaramente i vettori nucleari
che garantiscono la massima flessibilità, compresa la modifica della missione
in volo, ma i missili aggiungono la velocità per azioni immediate, cui la
necessità delle W76-2.
Non ci troviamo di fronte a un
rafforzamento della dissuasione nucleare, quindi ma di una nuova arma da
impiego diretto in operazioni militari, per aumentare la flessibilità e le
opportunità di impiego di armi nucleari integrate a operazioni convenzionali,
abbassando così la soglia per l’impiego nucleare e aumentando il rischio di una
scalata a un confronto globale. La ridotta potenza può erodere il ritegno (il
tabù) all’impiego di armi nucleari che, fortunatamente, è ancora diffuso presso
tutte le potenze nucleari, nella pericolosa illusione che una guerra nucleare possa
essere combattuta e vinta. Va ricordato che nell’ultima Nuclear
Posture Review si dichiara
esplicitamente che gli USA si riservano il diritto di usare per primi armi
nucleari anche in risposta ad attacchi convenzionali e, potenzialmente anche
cibernetici.
Lo sviluppo dell’integrazione di armamenti
convenzionali, nucleari e cibernetici e la produzione di armi nucleari
ottimizzate per l’impiego in operazioni belliche dirette è particolarmente
preoccupante nell’attuale clima di estrema tensione fra le superpotenze, l’aggravamento
del confronto India-Pakistan, la perenne crisi in Medio Oriente, i problemi
aperti per i programmi nucleari iraniani e della Corea del Nord e la
dismissione di forme di controllo degli armamenti.
*Università
di Padova
Fonti
- Department
of Defense, 2018, Nuclear Posture Review, US
Department of Defense, January 2018, Washington, DC.
- Joint Chiefs of Staff, 2019, Nuclear Operations, 11 June 2019, Joint
Publication 3-72, Washington, DC.
- Hans M. Kristensen and Matt
Korda, 2020, United States nuclear forces, 2020, Bulletin of the Atomic Scientists
76 (1), 46–60.
- Hans M. Kristensen and Matt
Korda, 2020, Russian nuclear forces, 2020, Bulletin of the Atomic Scientists
76 (2), 102-117.
- Matthew Kroenig, 2018, A Strategy
for Deterring Russian Nuclear De-Escalation Strikes, Scowcroft Center for strategy and security, Atlantic Council, Washington, DC.