di
Franco Astengo
Elaborazione grafica di Giuseppe Denti |
Nel
dopo emergenza sanitaria quale modello si cercherà di imporre al meccanismo di
assunzione della responsabilità nelle decisioni politiche?
Un
interrogativo che pochi sembrano porsi in questo contesto di eccezionalità
apparendo del tutto legittimo il concentrarsi delle espressioni di
decisionalità a pochi soggetti e con l’esclusione del dibattito all’interno
delle assemblee elettive, a tutti i livelli centrali e periferici.
Vincenzo
Vita in una sua nota scritta per Articolo 21 dal titolo molto significativo “Il
virus non contagi la democrazia” ha toccato il tasto molto delicato del come si
presenta lo stato della democrazia italiana in questa situazione di
eccezionalità, affrontando alcuni dei punti più complessi e facendo emergere
rilevanti contraddizioni.
In
sostanza: non ci possiamo permettere il lusso di “sospendere la democrazia”,
prima di tutto sul piano parlamentare, a partire dal contingentamento nel
numero dei deputati e dei senatori presenti in aula.
Nella
sua nota appena citata Vita si interroga se questa iniziativa della riduzione
del numero dei possibili deputati e senatori presenti in aula dovuta
all’emergenza sanitaria non rappresenti altro che il prologo dell’operazione
del taglio dei parlamentari, il cui referendum confermativo è stato fin qui
rinviato “sine die” (è notizia di poco fa anche del rinvio delle elezioni
amministrative).
Il
referendum confermativo rimane, è bene ribadirlo, lo stretto passaggio che deve
essere affrontato in difesa delle prerogative democratiche di rappresentanza
politica e territoriale previste dalla Costituzione e dobbiamo insistere nel
ricordarne la grande importanza.
Rivolgo
quindi un appello in questo senso prima di tutto verso il Coordinamento per la
democrazia costituzionale impegnato per il “NO” nel referendum perché questa
logica dell’emergenzialità non faccia dimenticare il tema della qualità della
democrazia.
L’Italia
ha assunto misure del tutto eccezionali che si stanno incrociando con una crisi
della democrazia rappresentativa che, nel nostro sistema, si stava già
esprimendo ormai da diverso tempo in forme molto particolari rispetto al
contesto internazionale.
Alla
“cessione di sovranità” da parte dello Stato sia verso strutture sovranazionali
sia in direzione del decentramento regionale si sono aggiunti, infatti, altri
specifici elementi di difficoltà dovuti alla trasformazione nella struttura dei
partiti, al conseguente modificarsi della relazione Governo – Parlamento,
all’introduzione di meccanismi di scelta delle classi dirigenti che via via
sono state sottratte alle determinazioni dei cittadini elettori finendo
assegnate a un gioco del tutto interno a oligarchie costruire secondo il
criterio della fedeltà ai vari “cerchi magici” costruiti attorno alla figura di
un “Capo”.
Tutto
questo ha provocato fenomeni del tutto sottovalutati di disaffezione verso la
partecipazione politica, di assunzione di scelte a livello di massa avvenute in
forma umorale (vere e proprie “sbornie da illusione” che hanno portato alle
stelle gli indici di volatilità elettorale), in un quadro sociale sempre più
segnato dall’individualismo, dallo smarrimento del senso di comunità, dal
corporativismo, dal “familismo amorale”.
Alla
complessità sociale la politica ha risposto riducendo gli spazi di confronto
democratico e scambiando la propria autonomia con il determinarsi di un vero e
proprio “isolamento sociale”.
Una
democrazia, quella italiana, così auto-confinata nella “governabilità”: un
fenomeno verificatosi anche attraverso l’esercizio via web della “democrazia
del pubblico”.
“Governabilità”
posta al riparo da qualsiasi possibilità di confronto con le espressioni
“storiche” di tensione ideale o di identificazione dei processi di
stratificazione di classe.
Questo
quadro, pur così sommariamente descritto, ha trovato la sua sublimazione
nell’emergenza: un’emergenza, quella che stiamo vivendo, ben diversa da quella
sperimentata in altre occasioni di catastrofe.
Il
nemico infatti è impalpabile nell’aria, colpisce senza essere visto, ci sono
scarse risorse per fronteggiarlo, ha lasciato impotente la scienza e soli tutti
noi ciascheduno per sé stesso, nell’isolamento.
Potrà
apparire superfluo porsi il problema della decisionalità, anzi la delega a
“qualcuno” potrebbe anche sembrare la via più semplice per affidarsi al caso:
perché di questo si tratta in verità, dell’affidarsi al caso.
È
quindi assolutamente necessario mantenere intatto il livello di mobilitazione
sui grandi temi della vita democratica.
Sia
pure nelle forme consentite in questa fase di impossibilità di confronto
diretto tra le persone, si tratta di usare tutti i mezzi a disposizione perché
la grande “questione democratica” non sia soffocata da questa angosciata
attualità, abbandonata e posta in un angolo del dibattito pubblico.