di
Daniela Trollio*
Oggi,
se vorremo ricordare il sacrificio delle operaie della Cottons bruciate vive e
la Giornata Internazionale della Donna, dovremo farlo da sole, a casa nostra.
Perché il Covid-19, il corona virus, ha fatto una grande vittima: il pensiero e
l’azione collettivi. Dovunque risuona l’appello alla paura: non avvicinatevi,
non toccatevi, statevene lontani gli uni dagli altri. Sospesi, in nome della
salute pubblica, persino i diritti costituzionali come la libertà di riunione e
di manifestazione. Il tutto senza che nessuno alzi la voce o esprima,
perlomeno, un dubbio.
Per
restare in argomento, una conquista fondamentale del femminismo di classe degli
anni ’70 fu proprio questo: il riconoscimento dell’importanza del pensiero,
dell’analisi e della lotta collettiva, in prima persona, per i propri diritti e
contro lo stesso nemico della parte maschile del proletariato, contro il
capitale. Parallelamente si sviluppava in quegli anni lo stesso fenomeno nei
riguardi della salute in fabbrica: insieme a Giulio Maccaccaro e ad altri
medici e tecnici, gli operai della Montedison di Castellanza e della Franco
Tosi, della Breda di Sesto San Giovanni, imparavano a fare l’inchiesta sulle
loro condizioni di lavoro e di salute, imparavano a definire il loro diritto
alla salute senza delegarlo ad altri ma ragionando, appunto, collettivamente.
Da
questo sforzo collettivo nacquero i movimenti e le lotte per i diritti delle
donne e per la salute in fabbrica e sul territorio.
Ed
è questa capacità di pensare e agire collettivamente che oggi viene cancellata,
con la scusa del corona virus.
Sì,
scusa, e lo dicono i numeri. A ieri 7 marzo 233 morti per il corona virus.
Nel
2019 (secondo l’Agenzia Europea per l’Ambiente) l’Italia, primo paese per morti
premature da biossido di azoto, ha avuto 14.600 decessi; 3.000 morti da ozono;
58.600 per particolato fine.
I
morti da amianto sono - ormai da decenni e purtroppo anche per gli anni futuri
- più di 4.000 all’anno.
La
scrittrice statunitense Naomi Klein scrisse alcuni anni fa un libro
interessante, Shock Economy, in cui mostrava come l’uso della paura può
essere utilizzato per distruggere persone, organizzazioni e società, per
riscrivere nuove regole più favorevoli ai potenti. Ed è ciò che sta accadendo oggi,
quando lo Stato prova a riscrivere le regole per un prossimo futuro,
militarizzato e ordinato in base agli interessi del capitale, con il consenso
di tutti i partiti e di una parte della popolazione, accuratamente terrorizzata
dai mezzi di disinformazione. Bene, allora oggi pensiamo, ad esempio, a tutte
quelle lavoratrici (e lavoratori, naturalmente) che sono precarie, che lavorano
in nero, che non hanno un contratto di lavoro regolare, che non hanno diritto
né alla cassa integrazione né alla malattia: chi le pagherà per la sospensione
forzata del lavoro? Chi pagherà i costi di questa “crisi”?
Una
cosa è certa: la necessità sempre più pressante di difendere la possibilità di
pensare e agire collettivamente, il che significa un’organizzazione politica
che sappia dare voce agli interessi degli sfruttati, perché non siamo tutti,
neppure riguardo al corona virus, sulla stessa barca. E vogliamo rivolgere un
saluto a tutte le donne che nel mondo oggi fanno dell’8 marzo una giornata di
lotta e, in particolare, nella vecchia Europa, alle lavoratrici francesi che,
con i loro gilet gialli, hanno sfidato e sfidano i decreti di Macron, tolti
direttamente dal codice di guerra, e rappresentano così un esempio da seguire.
*Centro
di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli”
Sesto
S.Giovanni