di
Angelo Gaccione
L’è el di’ del virus alegherer!
Scusate se ho preso a prestito,
parodiandolo, il titolo di un libro del poeta milanese Delio Tessa per l’occhiello
di questo elzeviro. Purtroppo è accaduto quello che avevo facilmente previsto.
Quando il Governo, su indicazione degli esperti sanitari, ha deciso di chiudere
le scuole mi sono subito allarmato. Ho pensato: chi fermerà ora studenti,
docenti, segretari, bidelli e personale vario che lavora in asili, scuole di
ogni ordine e grado e Università? Liberi come sono da ogni impegno, tutti se ne
torneranno ai loro luoghi di origine, alle loro regioni, alle loro città, ai
loro paesi, alle loro famiglie. Vuoi vedere che a nessun parlamentare (specialmente
tra quelli che più abbaiano sulla diffusione del corona virus), a nessun
governante, a nessun “esperto” sanitario, a nessun “tecnico”, verrà in mente di
bloccare tutti costoro nelle città dove al momento si trovano?
Mia moglie che è una donna di buon senso mi ha risposto: “Non
saranno tutti così scemi…”. Ebbene sì.
Mi giungono notizie da vari luoghi d’Italia,
compreso centri del Sud, dove una marea di persone sono tornate, riempiendo
piazze e locali come se fossimo a Natale e in un normale periodo di feste. Già
tremo a che cosa può succedere se in questa massa di persone ci sono dei
portatori asintomatici del virus. Vi immaginate luoghi del Sud dove non esiste
neppure un ospedale? Vi immaginate luoghi del Sud da dove per raggiungere il
capoluogo con un ospedale ci vogliono ore? Ma questo vale per tantissimi luoghi
del Nord, e per gli stessi capoluoghi attrezzati, le cui strutture di
accoglienza stanno già scoppiando perché i posti per la terapia intensiva sono
scarsi e limitati. Affidarsi alle preghiere? È forse quello che ci resta. Non
certo alle processioni con le statue dei santi sulle spalle, per carità! Già ai
tempi di Carlo Borromeo, del Settala e del Tadino, le processioni per debellare
la peste fu il più efficace veicolo per espanderla ancora di più. E a proposito
di peste, leggete quanto sia attuale questo brano dei Promessi Sposi del
Manzoni, sembra scritto oggi:
“In principio dunque, non peste, assolutamente
no, per nessun conto: proibito anche di proferire il vocabolo. Poi, febbri
pestilenziali: l’idea s’ammette per isbieco in un aggettivo. Poi, non vera
peste: vale a dire peste sì, ma in un certo senso: non peste proprio, ma una
cosa alla quale non si sa trovare un altro nome. Finalmente, peste senza
dubbio, e senza contrasto: ma già ci s’è attaccata un’altra idea, l’idea del
veneficio e del malefizio, la quale altera e confonde l’idea espressa dalla
parola che non si può più mandare indietro.”
[A. Manzoni, I Promessi Sposi, Cap. XXXI] Potenza della letteratura.