LA RIAPERTURA DELLA STORIA
di
Franco Astengo
Giuseppe Denti |
Nell’improvvisa
emergenzialità di questi giorni si stenta a trovare il bandolo della matassa di
una riflessione che consenta di interpretare al meglio i comportamenti politici
e quelli sociali. Si rischia di smarrire il senso delle proporzioni sia sul
piano dell’assunzione di responsabilità sia sul piano pubblico sia su quello
privato.
Soprattutto
è emersa con grande chiarezza la strutturalità di un peso sproporzionato della
comunicazione di massa sugli orientamenti sociali: un frutto immediato questo
del fenomeno dell’analfabetismo di ritorno e della chiusura soggettiva nel
recinto della “paura”.
“Paura”
tanto solleticata e accarezzata al fine di mortificare la democrazia.
Si
sta presentando il conto dell’avere delegato alla comunicazione la tessitura
necessariamente faticosa della trama di relazione tra istituzioni e società.
In
questo modo si sono sovrapposte le esigenze di esprimere sottovalutazione o
allarmismo e, ancora una volta, le volontà di propaganda del mercato
(finanziario, della “reclame” politica, della vendita di illusione mediatica,
del mantenimento dei livelli dettati dal consumismo in tutti i suoi aspetti) ha
finito con il prevalere sull’analisi possibile della ricerca di una
“razionalità dell’essere”.
Ne
è conseguita una vera e propria distorsione nell’apprendimento collegata a un
modello di società profondamente ingiusto e sbagliato.
Un
modello di società, economia, cultura, politica che deve farci tornare a
richiedere urgentemente una “riapertura della storia”.
Oggi
viviamo in
una società sfibrata dall’individualismo. Una società in confusione nella
conoscenza e anche nella morale, che non riconosce più i soggetti capaci di
costruire il senso di comunità nell’insieme dei rapporti sociali. A questo modo
si determina una debolezza congenita nei livelli di decisionalità politica
laddove il “popolo” tanto invocato non comprende più la differenza reale tra i
diritti e i bisogni e si trasforma esso stesso nell’agente del caos: non è
questione di decisionismo ma di diffusione di cultura politica.